Lettera aperta ai 18 parlamentari calabresi del Movimento 5 Stelle e all’europarlamentare Laura Ferrara
Riceviamo e pubblichiamo:
«Carissimi, non è raro nel Movimento 5 Stelle calabrese parlare di ciò che non va e di ciò che andrebbe fatto. Ma è difficile capire perché le cose non vanno, e come trasformare le intuizioni in strategie e struttura di azione.
Questo circolo vizioso tra il lamento per le cose che non vanno ed enunciazione delle “magnifiche sorti progressive” ha un unico risultato: l’impotenza, l’immobilismo. Così, anziché affrontare i problemi, sembra che si preferisca esorcizzarli attraverso soluzioni verbali e sloganistiche. Il metodo retorico sembra prendere il posto del metodo progettuale con la conseguenza che i nodi irrisolti si vanno via via accumulando e che progressivamente la situazione rischia di farsi quasi insostenibile.
La domanda che in molti si pongono è questa: perché il Movimento alle elezioni politiche ha preso una valanga di voti e poi negli appuntamenti amministrativi non raggiunge nemmeno il quorum per assicurare una presenza nelle istituzioni locali? Penso in particolare all’esito che il Movimento ha ottenuto a Cosenza alle ultime elezioni comunali, pur avendo in città un Senatore e un Europarlamentare.
L’impegno politico soprattutto nelle città capoluogo di provincia richiede task force,
omogenee, combattive, resistenti. Invece ci si è trovati ad essere come l’armata Brancaleone.
Sia ben chiaro non è questa un’accusa ai portavoce locali.
Anzi, molto spesso, la fantasia nel trovare soluzioni sul piano locale, ha permesso al Movimento di avere l’ossigeno indispensabile per ottenere formidabili risultati al livello nazionale. Ma non possiamo però scambiare questo “bricolage” con una strategia di largo respiro!
Occorre prendere atto che un Movimento che vuole essere di cambiamento deve porsi come forma unificante di un insieme di forze, di soggetti capaci di un’azione globale sulla realtà.
Il Movimento deve essere un luogo di rappresentazione di forme diversificate di conflitto sociale, non una gabbia mortificante per energie ed opportunità che non paiono riducibili tra loro.
Se ci guardiamo intorno tutto ci dice che nessuno ha il monopolio del cambiamento e che la presunzione di riuscire a rappresentare tutta la società di fronte alle istituzioni si scontra con l’evidenza delle relazioni specifiche, dei rapporti aperti con le persone e i gruppi di cittadini e soggetti istituzionali.
Pensiamo a qualche parametro di verifica: cosa ha ottenuto la Calabria con ben 18 parlamentari pentastellati e un europarlamentare? Quali risultati possono essere accreditati a vostro carico? Su quali punti vi siete caratterizzati? A quali domande specifiche della gente si è riusciti a dare risposte? Quali servizi nuovi sono stati attivati? Quali servizi vecchi sono stati migliorati?
Le domande non sono poste per fare le pulci a tutti i portavoce, ma per individuare dei possibili parametri di riferimento circa quanto la rappresentanza è riuscita a farsi largo nel sistema nazionale.
Se non si riescono a trovare questi parametri, la riforma della politica rimarrà uno slogan affascinante ma privo di efficacia storica almeno a livello calabrese.
Interrogarsi sull’efficacia del Movimento 5 Stelle calabrese conduce immediatamente a fermare lo sguardo sul ruolo e sulla strategia politica del Movimento.
In tempi di non grande ardimento da parte di nessun partito in un Movimento che alle politiche ha raggiunto oltre il 43% di consensi quello che sconcerta oggi è la situazione di sostanziale immobilismo, un non voler quasi prendere parte alla partita in corso concordando una onesta testimonianza a tavolino.
Non sostengo una linea unanimistica, ma senza un impegno unanime e unitario di voi parlamentari in Regione non si va da nessuna parte.
Le diversità e il pluralismo ben vengano nel Movimento, ma non possono generare una situazione di stallo, solo per timore di un confronto aperto.
A ben guardare una gestione tutta difensiva del pluralismo conduce inevitabilmente all’impotenza, all’inerzia e all’incapacità di prendere parte al gioco politico regionale.
L’impossibilità di una verifica non fittizia del peso reale delle vostre idee e delle vostre proposte con gli attivisti e con gli interlocutori esterni, penso stia ritardando, se non bloccando, la ridefinizione di un ruolo politico convincente di tutto il Movimento.
Ciascuno di voi ma in particolare ciascuna realtà locale finirà per sentirsi così legittimata, o costretta, a giocare in proprio con una conseguente disseminazione del patrimonio 5 stelle.
La credibilità del Movimento non si basa su litanie autorassicuranti che mascherano il disimpegno, ma sulla piena dignità del proprio progetto e sulla conseguente capacità di gestirlo in modo efficace nel sistema politico generale e nelle realtà locali.
Come uscire da questo immobilismo? Le vie da percorrere possono essere diverse.
C’è innanzi tutto da rigenerare i valori fondanti del Movimento, quei valori che lo hanno fatto crescere e lo hanno portato al governo del paese. Quei valori a molti appaiono appannati e messi da parte. Bisogna riscoprirli, ridefinirli e renderli punti di forza di un progetto di società in cui sia possibile garantire a tutti dignità, sicurezza, cittadinanza.
Alcuni di questi valori (la democrazia, la partecipazione, l’onestà, la trasparenza) per non rischiare di farli diventare semplici nostalgie del passato, hanno bisogno di tradursi in comportamenti diffusi e strutture della società.
In vista di tale obbiettivo c’è da riportare il Movimento alla riscoperta del suo carisma originario e fondativo, al consolidamento della sua identità, alla riprogettazione di un impegno che traduca in azione politica le domande di gruppi, ceti che rischiano di pagare i prezzi più alti del cambiamento.
Un impegno che abbia al centro del suo programma di azione il lavoro, i giovani, la difesa dell’ambiente, l’assistenza sociale e quella sanitaria. Un impegno che ponga con forza la questione della pubblica amministrazione.
Infine come dare forma a questo ruolo-impegno? Come riuscire a contare, ad incidere finalizzando l’insieme delle competenze e la capacità di mobilitazione sociale?
Una suggestione: perché non sperimentate voi, come eletti, come portavoce, una sorta di “lobby” calabrese all’interno del Movimento, caratterizzata su alcune questioni: il lavoro, il sottosviluppo, l’ambiente, la riforma dello stato sociale, la scuola, la sanità. Una “lobby” capace di influire sulle singole questioni all’interno del Movimento e nei confronti di chi ha responsabilità di governo. È evidente che il peso che si riuscirà ad esprimere sulle questioni specifiche dipenderà dalla qualificazione delle proposte, dalla capacità di interpretare domande diffuse nella società, dalla credibilità vostra all’esterno come all’interno del Movimento.
Capite bene che l’immobilismo politico blocca e impedisce la formazione e la permanenza di energie nuove, cristallizzando la rete organizzativa del Movimento.
Personalmente penso che sia tempo di superare l’attuale configurazione a compartimenti stagni (meetup, amici di…, gruppi più o meno riconosciuti, ecc.), e di poter ottenere da un impegno deciso e accorto un modello in grado di offrire a tutti spazi di confronto e di dibattito.
Naturalmente per fare ciò va posto in discussione un vizio strutturale che è relativo all’innalzamento di “muri” tali da creare aree intoccabili costituenti altrettante “parrocchiette”.
È tempo di attuare una struttura aderente all’idea essenziale di Movimento.
Nelle prossime elezioni regionali voi vi giocherete la vostra capacità di introdurre elementi di innovazione nella Regione più povera d’Italia, e forse nel ruolo e nella strategia dello stesso Movimento.
Chi ritenesse che questa operazione si possa fare senza aprire una dialettica all’interno del Movimento, probabilmente è fuori strada.
Non è più possibile stare tutti appiccicati al proprio vasetto di marmellata!
Occorre perseguire con determinazione e darsi da fare subito, aprendosi alle forze sane della società civile, altrimenti si finisce per ripetere a livello regionale l’esperienza di Cosenza 2016.
Senza questa apertura le innovazioni non camminano e le novità restano citazioni accademiche.
Lo spessore della posta in gioco è troppo alto.
Su di voi pesa il dovere di una risposta da dare sul campo in termini di progetto, di valori, di azioni, di aperture, di servizio.
Abbiate, allora, il coraggio di mettervi in cammino.
Cordialmente.
Rocco Giuseppe Greco
(pgreco44@libero.it)
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