Frutta Martorana
30 ottobre 2022
Frutta Martorana

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Oltre Halloween: la festa dei morti e i dolci macabri di Calabria. La vera storia della “frutta martorana”


Preghiere e ossa di zucchero, vivande e carte da gioco lasciate sulla tavola, lumini accesi e racconti davanti al camino… Sono tante in Calabria le antiche credenze legate alla commemorazione dei defunti secondo le quali i morti continuano a vivere in un mondo parallelo ma vicino a noi, ci aiutano e ci proteggono e pertanto vanno ricordati e onorati.

Già in era pagana i defunti venivano ricordati nel periodo di passaggio all’inverno, la morte simbolica della natura, poi fu fissata in epoca cristiana una data precisa, il 2 novembre, mentre nella religione greco-ortodossa ai defunti è dedicato un giorno della Quaresima.

In molti paesi del Sud si credeva fino a non molto tempo fa che i morti continuassero a stare in casa a lungo dopo il decesso, anche un mese, e quindi la sera si lasciava la tavola apparecchiata affinchè si sfamassero. In parecchi paesi della Calabria era usanza, nella notte tra l’1 e il 2 novembre, di lasciare per i morti la tavola apparecchiata con cibo, vino e anche un mazzo di carte se si trattava di maschi. In alcune zone del Vibonese, si lasciava anche una lampada accesa fatta con una zucca intagliata (coccalu d’u mortu) esattamente come nell’anglosassone festa di Halloween.

In altre ancora i defunti venivano nutriti attraverso i poveri del paese, che la mattina del giorno dei morti venivano invitati a mangiare in ogni casa. In alcune zone del Cosentino si usava che al mattino presto le famiglie al completo uscivano in corteo recitando il rosario e ad assistere alla Santa Messa, dedicando le preghiere ai defunti e al ritorno c’erano cibo e bevande in abbondanza per tutti.

Il cibo legato alla commemorazione dei defunti ha origine e significato che ci porta molto indietro nel tempo, per noi legato probabilmente ai culti greco-romani ed al banchetto funebre un tempo comune a tutti i popoli del bacino del Mediterraneo, del quale rimane traccia nel “consulo” o “cuonzulu” siciliano e calabrese, cioè portare da mangiare a casa della famiglia del defunto.

Il 2 novembre ancora adesso in Sicilia e in Calabria è vissuto come incontro simbolico con i cari defunti, per onorarli nel ricordo e chiedere la loro protezione e ciò da secoli si fa sia con la preparazione e l’offerta di cibi speciali, sia facendo doni ai più piccoli e ai più deboli della società, i bambini in particolare.

Da tutto questo sono nati i cosiddetti dolci dei morti, preparazioni particolari e antropomorfe come le «ossa di morto», delicati e profumati biscotti ai chiodi di garofano, le «dita di apostolo», dolcetti con ripieno al cacao e spezie, le «fave dei morti», biscottini alle mandorle che rappresentano le anime del Purgatorio.

Dalla Sicilia inoltre arrivano i «Pupi di Zucchero», piccole statue di forma semplice, decorate con colori vivaci raffiguranti paladini, legionari, dragoni, damine ma anche personaggi moderni che rappresentano la vita nel mondo terreno e infine il trionfo della «frutta martorana», i deliziosi frutti di pasta di mandorla, chiamata qui pasta reale o anche marzapane, vere piccole opere d’arte.

I maestri pasticceri locali plasmano comunque non solo frutti ma anche altri cibi come pesci, pane e altro con l’arte sublime che nacque intorno al 1200 in Sicilia presso il Monastero della Martorana di Palermo, fondato dalla nobile Eloisa Martorana, dalle mani delle monache benedettine alle quali era stata affidata la chiesa di Santa Maria dell’Ammiraglio.

La tradizione vuole che le suore abbiano preparato per la prima volta questi dolci a forma di frutto, pare di agrumi, per appenderli agli alberi in sostituzione di quelli veri già colti, per abbellire il loro giardino durante la visita di un personaggio molto importante, non si sa se un alto prelato o un re. I frutti ebbero grande successo per la loro bellezza e originalità, le suore continuarono a produrne per le feste e la ricetta cominciò ad essere conosciuta anche fuori dal monastero: fu così che la “frutta martorana” entrò a far parte dell’antica tradizione dei dolci dei morti e soprattutto della grande pasticceria siciliana famosa in tutto il mondo.

Insomma, Halloween o festa dei morti che sia, le giornate dedicate a chi non c’è più sono fatte di sentimenti semplici e popolari, che aiutavano, e forse aiutano ancora, gli adulti a sentire i propri cari defunti sempre vicini e i bambini ad avere familiarità con la morte e a non averne paura.
Annamaria Persico (articolo già pubblicato il 30 ottobre 2016 su Reportage)


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