Omicidio Sharon Verzeni, Sangare: "Coltello tenuto come ricordo"
2 settembre 2024

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Omicidio Sharon Verzeni, Sangare: “Coltello tenuto come ricordo”


02 settembre 2024 | 18.09

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Ha tenuto il coltello come un ricordo dell’omicidio di Sharon Verzeni. E’ quanto ha ammesso Moussa Sangare, reo confesso del delitto della barista 33enne, uccisa nella notte tra il 29 e il 30 luglio a terno d’Isola nel bresciano.

“Il coltello? Non l’ho buttato nel fiume perché ho pensato che avrei potuto trovarlo ancora lì” ha risposto alla gip Raffaella Mascarino che gli chiedeva come mai lo abbia sotterrato sulle sponde dell’Adda, mentre gli altri tre li ha buttati nel fiume. Volevo tenerlo per avere memoria di quello che avevo fatto, come un ricordo“. Nel corso del sopralluogo di oggi nella casa di Moussa sono stati isolati reperti giudicati di interesse investigativo.

La Gip: “Stato mentale Moussa Sangare totalmente integro”

Per la gip del tribunale di Bergamo Raffaella Mascarino che ha disposto la custodia cautelare in carcere per Moussa Sangare, lo stato mentale del 30enne nel momento dell’omicidio di Sharon Verzeni era “totalmente integro”.

“Se pure le motivazioni addotte dall’indagato in ordine alla spinta che ha portato a commettere il fatto di sangue può destare qualche perplessità in ordine al suo stato mentale, nel momento di compiere l’omicidio però – è un passaggio dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere – la lucidità mostrata nell’adottare tutta una serie di accorgimenti sia nei momenti precedenti al delitto, come l’aver vagato in giro fino a incontrare il bersaglio più vulnerabile, e in quelli immediatamente successivi”, quando sfreccia in bicicletta, sceglie strade secondarie, perde il berretto che aveva in testa e torna indietro a recuperarlo, e “anche gli accorgimenti dei giorni seguenti”, quando nasconde coltello e indumenti, cambia capigliatura e modifica la bicicletta, “evidenziano uno stato mentale pienamente integro”.

“A fugare qualsiasi ulteriore perplessità – aggiunge la gip – c’è anche il fatto che” Sangare “è stato portato in psichiatria subito dopo l’ingresso in carcere e non è stata rilevata alcuna traccia di patologia psichiatrica né remota né recente”. La sera dell’omicidio – a quanto raccontato dal 30enne – non avrebbe consumato alcolici né droghe.

Ha vagato per oltre mezz’ora per i paesi della Bergamasca Moussa Sangare, prima di scegliere “il bersaglio più vulnerabile”. Sangare, infatti – a quanto si apprende da fonti qualificate – prima minaccia i ragazzini, poi prende di mira una persona col computer a bordo di un’auto nel parcheggio del cimitero di Chignolo d’Isola, poi ne punta un altro che definisce ‘un pelato’. Quindi si concentra su un uomo che stava fumando una sigaretta, poi fa una prova di sgozzamento su una statua di donna a Terno d’Isola e infine vede e sceglie di colpire Sharon Verzeni, l’unica donna incontrata sulla sua strada. “Condotte – viene evidenziato nell’ordinanza – che denotano, ferma la originaria motivazione omicidiaria, come l’indagato abbia a lungo indugiato alla ricerca del bersaglio giusto, alla fine individuato nella povera Sharon Verzeni”, una “donna sola”, che lui descrive “come intenta a guardare le stelle”.


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