Mancano 15 giorni alla fine dell’ora legale e al ritorno di quella solare che porterà le lancette dell’orologio indietro di un’ora fino al 26 marzo. Il cambio arriverà tra il 29 e il 30 ottobre. “La ‘sindrome da fuso orario’ o jet lag può essere esplicativa di ciò che sembra accadere al cambio dell’ora: quando si raggiunge un paese con un fuso orario diverso da quello di partenza, la mancanza di sincronia tra l’orologio biologico dell’organismo e il ciclo ‘sonno-veglia’ e ‘giorno-notte’ su cui esso è regolato, fa sì che alcune funzioni del corpo non si adattino tempestivamente al cambiamento e si instaurino disagi psicofisici di varia natura. Possono maggiormente risentire del cambio di ora, tutti coloro che già soffrono di disturbi del sonno e della concentrazione. In più, poiché le giornate diventano più corte, potrebbe alterarsi oltre al tono dell’umore, la produzione di vitamina D“. A spiegarlo all’Adnkronos Salute è l’immunologo Mauro Minelli, responsabile per il Sud-Italia della Fondazione per la medicina personalizzata.
L’organizzazione attraverso la quale gli organismi viventi regolano le proprie funzioni fisiologiche e i propri comportamenti sincronizzandoli, come in una sorta di orologio biologico, all’alternanza quotidiana luce-buio, è nota come ritmo circadiano, “e le sue dinamiche rispondono, da quando esiste la vita, al ciclo quotidiano di luminosità e oscurità causato dalla rotazione della terra – ricorda Minelli -. In tale circuito ancestrale, attivo da sempre negli organismi viventi in ragione di processi biochimici dipendenti dalla luce del giorno, quest’ultima raggiungendo le strutture profonde dell’ipotalamo attraverso la retina dell’occhio, funziona da inibitore del sonno spegnendo la produzione di melatonina che del sonno è un grande mediatore. Cosa diametralmente opposta accade con il buio che invece favorisce – prosegue – con la produzione di melatonina, la comparsa notturna del sonno la cui qualità e durata sono elementi essenziali per garantire il benessere individuale in termini non solo di riposo ristorativo, ma anche di rigenerazione di funzioni fisiologiche e di prevenzione rispetto all’insorgenza di patologie diverse”.
Ma, oltre al ritmo sonno-veglia, l’orologio biologico di cui l’organismo umano è dotato provvede a regolare anche altre funzioni cicliche, come ad esempio la temperatura corporea, autentico misuratore delle nostre attività metaboliche. “Per effetto della melatonina, infatti, la temperatura subisce un abbassamento letargico nelle ore notturne per poi rialzarsi in quelle diurne e ancor di più di sera, con una differenza fino a un grado rispetto a quella registrata al mattino”, precisa
“Il funzionamento preciso ed autonomo di questo straordinario congegno, tuttavia, può essere messo a rischio da elementi esterni tra i quali, ad esempio, i cambi di stagione ma anche quelli di orario, come avviene con il passaggio dall’ora legale a quella solare e viceversa. Al cambio dell’ora, infatti – avverte Minelli – la produzione di melatonina può subire un’alterazione, ciò che può a sua volta influenzare la nostra salute fisica e mentale. I disturbi più frequenti a riscontrarsi, anche perché più immediatamente percepibili, sono a carico del sonno: difficoltà ad addormentarsi e svegliarsi al mattino, insonnia o sonno frazionato. Al risveglio potranno esserci una minore capacità di concentrazione, riflessi più torpidi, svogliatezza e necessità di carburare prima di entrare nel pieno delle attività”.
“A livello psichico possono comparire ansia, alterazioni dell’umore con cambi repentini e apparentemente inspiegabili del suo tono che appare per lo più deflesso, variazioni delle abitudini alimentari con inappetenza piuttosto che aumentata sensazione di fame, bruciori di stomaco e turbe digestive – sottolinea l’immunologo – Tra l’altro, avere ritmi naturali non uniformi rispetto a quelli registrati solo il giorno prima, quando ancora si stava nell’ora legale o solare, può incidere negativamente sulla pressione arteriosa e sulla frequenza cardiaca e può influenzare la crono-modulazione della secrezione ormonale”.
Minelli ricorda poi che “è possibile identificare le caratteristiche personali di ciascuno, sulla base dei ritmi di sonno e veglia che appartengono a ciascuno di noi. E’ un cronotipo mattiniero quel soggetto che, di suo, è abituato a svegliarsi presto la mattina, senza per questo soffrirne più di tanto. E’ un cronotipo tiratardi, invece, quel soggetto lento, tendenzialmente portato a rinviare impegni e decisioni, a cui piace far tardi la notte, generalmente un po’ frastornato al risveglio e per buona parte della mattinata. In realtà – osserva – la differenziazione in cronotipi è molto più complessa e, per esigenze di semplificazione descrittiva dei cronotipi dominanti, si è anche provveduto ad una loro classificazione ritagliata sulle caratteristiche comportamentali di animali diversi tra i quali il gufo o l’allodola, ma anche il leone, il lupo, l’orso, il delfino”.
“Di fatto, quel che sembrerebbe emergere da un crescente numero di prove è che il cronotipo tiratardi ha un impatto significativo sul rischio di sviluppare disturbi dell’umore, obesità, diabete e altre malattie croniche. Nonostante il vasto potenziale di utilizzo delle informazioni sui cronotipi per la medicina di precisione, i fattori che modellano i cronotipi rimangono ancora oggi poco noti. In un recente lavoro scientifico si è valutata l’esistenza di un’associazione tra il microbioma intestinale e il cronotipo”
“In particolare, il confronto dei batteri intestinali nei mattinieri e nei tiratardi ha rivelato due principali gruppi batterici la cui abbondanza differiva tra i cronotipi (alistipes: elevato nei mattinieri; lachnospira: elevato nei tiratardi). Nello studio – conclude Minelli – dopo aver confrontato la dieta dei diversi cronotipi, si è scoperto che i cibi ricchi di fibre (frutta, verdura) e l’acqua potabile erano importanti nelle diete di chi si svegliava presto, mentre lo zucchero semplice e le bevande zuccherate e ad alto contenuto proteico erano associati a chi dormiva più tardi e si svegliava altrettanto tardi. Si profila così la possibilità di identificare vie metaboliche associate ai diversi cronotipi con possibilità di identificare modelli dietetici specifici che, agendo sulla comunità microbica intestinale, possa renderci più performanti verso il piccolo jet lag correlato al cambio dell’ora che, al pari del fuso orario, sembrerebbe essere intensamente sofferto da almeno un terzo della popolazione, rispetto ad un altro terzo che lo avvertirebbe molto meno e ad un ultimo terzo che al cambio, piccolo o grande che sia, sembrerebbe restare del tutto indifferente”.