“Devo confessare che vivo con sempre maggiore imbarazzo le commemorazioni perché troppo spesso la retorica di circostanza annulla ogni seria riflessione sul fenomeno mafioso e sulle strategie e le prospettive della lotta alla mafia”. Sono le parole del Procuratore generale di Cagliari, Luigi Patronaggio, che in una intervista con ‘AntimafiaDuemila’ parla alla vigilia del trentesimo anniversario della strage di via D’Amelio. “Nella trentennale ricorrenza della strage di via D’Amelio, mentre si arrotano le più eleganti e retoriche frasi per l’occasione, va drammaticamente registrato un globale arretramento politico-culturale sul tema dell’autentico impegno antimafia”, denuncia. “Mentre nelle strade di Palermo si vivono ore drammatiche fra omicidi ed attività predatorie ai danni della libera impresa, con il racket della droga oggi totalmente controllato da Cosa Nostra, a Roma ci si barcamena fra codicilli e commi per portare a termine una tortuosa riforma, pure legittimamente imposta dalla CEDU e dalla Corte Costituzionale, dell’Ordinamento Penitenziario”, aggiunge.
“Già fra qualche giorno avremo Tribunali di Sorveglianza inondati da istanze di condannati per mafia per ottenere semilibertà, permessi premio ed altri benefici, prima loro preclusi – dice Patronaggio -Gli accertamenti per verificare la definitiva cesura fra questi condannati per mafia (mai realmente pentiti e collaboranti) e le loro organizzazioni criminali di provenienza, dovranno essere effettuati in termini brevissimi con istruttorie che “gioco forza” saranno approssimative, mettendo a dura prova la professionalità dei Tribunali di Sorveglianza che dovranno assumersi immense responsabilità morali oltre che giuridiche”.
Poi dice: ”Il rischio è che fra qualche mese troveremo fra i vicoli di Palermo, come di Catania o Napoli o Reggio Calabria, boss “sulla carta” ripuliti ma sempre più tracotanti e padroni del territorio. Senza dire di alcune iniziative legislative miranti a svuotare il sistema delle misure di prevenzione patrimoniali che, ove rigidamente ancorate all’accertamento della responsabilità penale dell’imputato, svuoterebbero totalmente il sistema della sua azione di difesa sociale avanzata”.
“La vera commemorazione, affinché il sangue dei nostri eroi non sia stato versato invano, passa allora attraverso una seria riflessione politica e giuridica sul complesso della normativa antimafia che con troppa, talvolta interessata, premura, si ritiene obsoleta, emergenziale ed inattuale”, spiega il Procuratore generale Patronaggio ad AntimafiaDuemila. “Dalle trascrizioni delle intercettazioni ambientali su alcuni componenti delle famiglie mafiose di Palermo Centro, Palermo Porta Nuova, Pagliarelli, emerge uno spaccato assolutamente allarmante: non solo il tentativo di controllo totale del territorio ma anche la volontà di un totale controllo delle coscienze, piegate ad una povertà di valori e alimentate alla ricerca del più passivo consenso – aggiunge il magistrato -Emergono dalle intercettazioni pseudo valori ancestrali, oserei dire tribali, una chiusura alla modernità e alla legalità, una indifferenza al convivere civile e democratico”.
“È come se la città di Palermo fosse tagliata in due, talvolta anche visivamente: da un lato una borghesia che, seppure con limiti ed ipocrisie, professa una certa cultura della legalità e, dall’altro, una città che è rimasta ferma nella sua arretratezza culturale e valoriale. Deve prendersi consapevolezza, allora, che due stragi e trent’anni di battaglie giudiziarie e politico-culturali hanno fallito”, spiega.
Per Patronaggio “In particolare si tende ad ignorare come le mafie, oltre che controllare le regioni del sud, siano ormai penetrate nel tessuto economico delle regioni del nord più industrializzate. Totalmente rimosso è poi il tema delle connivenze fra apparati deviati dello Stato e la mafia. Ma uno stato democratico non può fare a meno di una corretta e completa informazione, così come non può avere un futuro se non fa i conti con il proprio passato”.