Il nervo scoperto tra i dem l’ha toccato subito Enrico Letta: “Sulle donne il fallimento della nostra rappresentanza è chiaro e evidente, non ho molto da aggiungere”. Come era prevedibile, il fronte femminile del Pd ha animato più di tutti la discussione nella lunga Direzione post voto. Basti dire che è stata la presidente Valentina Cuppi, in un appassionato intervento, a parlare di “un partito ancora fortemente maschilista in cui se si vuole contare ci si deve piegare alle logiche delle correnti”.
Il fronte femminile dem si è mostrato però molto variegato, con diverse sfumature al suo interno, senza risparmiare scambi di accuse sulle cause della “debacle” rosa nelle liste (circa un terzo del totale degli eletti). Ha iniziato Monica Cirinnà, subito dopo l’intervento di Letta: “C’è la necessità di un passaggio di testimone tra generazioni e generi”. La ex senatrice ha subito fatto capire che non c’era aria di fronte comune: “Siamo state vittime delle pluricandidature, ma siamo state anche incapaci di tessere alleanze tra donne, di resistere e proporci come alternative”.
Alessia Morani, parlando di “sconfitta catastrofica“, è stata ancora più esplicita: “Non ho letto una dichiarazione di Cecilia D’Elia dopo la debacle”. La portavoce delle donne democratiche ha preso la parola subito dopo, puntando il dito sul correntismo e la formazione delle liste: “Non c’erano capilista donne”. E’ stata lei a proporre “ovunque donne nelle presidenze parlamentari e nei gruppi”. Un’idea, però, lasciata un po’ cadere nel corso del dibattito. Se non osteggiata: “I gruppi devono decidere in autonomia”, ha spiegato Luigi Zanda.
La presa di posizione della D’Elia non ha certo calmato le acque, anzi. “Io voglio bene a Cecilia D’Elia, ma lei chi ce l’ha messa in quel ruolo che ricopre? Così, per dire”, ha commentato dall’esterno, via Twitter, l’altra uscente Patrizia Prestipino. A stretto giro, Enza Bruno Bossio ha fatto capire con chiarezza che aria tirava in Direzione sotto l’altra metà del cielo dem.
La deputata uscente prima ha detto che è “ineludibile il percorso di una segretaria donna”, e poi ha chiarito: “L’accordo nazionale dei capi corrente è il cancro che rischia uccidere per sempre il Pd”. Un ‘uno-due’ cui la Bruno Bossio ha aggiunto una critica esplicita alla D’elia: “Non condivido quello che ha detto, è stata sacrificata l’alternanza di genere, in Calabria come in tutto il Sud, immaginando che come al solito le donne del Pd non siamo mai quelle giuste”.
La linea dura, però, non è passata tra le donne dem. Valeria Valente ha dato una interpretazione diversa: “E’ troppo facile per tutti parlare dopo. Ho sentito tanti interventi di donne, ma anche loro sono classe dirigente. L’appuntamento lo abbiamo mancato tutti”. Così, in questo quadro, sono apparse coerenti le parole di Paola De Micheli, che ha confermato la sua candidatura alla segreteria così: “Non è una candidatura solitaria, senza paura di rompere le convenienze perché credo nella contendibilità del Pd. Qualcuna deve cominciare, qualcuna che non si offende della misoginia maschile né di quella femminile che la definisce una nana”.