“Ho speso tutta la mia vita politica per riunire le culture del riformismo. Il Pd va cambiato, dinamizzato, proiettato. Scioglierlo sarebbe come ripudiare la mia vita, una specie di suicidio, e non ho ancora una volontà suicida. Ma il cambiamento deve essere radicale perché i rapporti con il Paese si sono ristretti molto, vanno ricostituiti”. Lo afferma Romano Prodi, intervistato da ‘La Repubblica’.
Ma come, con un congresso e di quale tipo? “Cosa farei io. Qui bisogna ricominciare a parlare con la gente delle cose che si discutono a tavola, quindici o venti argomenti: dagli adolescenti alla droga, al lavoro, alla salute, alla ricerca. Ogni settimana venti persone ma non solo del Pd, anche esperti, ne discutono in rete con decine di migliaia di cittadini. Al sabato il segretario dem o chi per lui va di presenza in una città e ne fa una sintesi, a Milano se si dibatte di finanza, a Padova di volontari. Dopo si fa il congresso sui nomi per la guida del Pd. E’ una utopia? Sì, ma questo – aggiunge – si fa se si vuole rifare un partito. Prima di eleggere un segretario bisogna comporre una linea politica”.