Vigneti a Cirò Marina (Crotone)
25 marzo 2017
Vigneti a Cirò Marina (Crotone)

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Più laureati e più occupati, rispetto alla media nazionale, nelle 407 Città del Vino


Nelle Città del Vino ci sono più laureati e diplomati rispetto alla media nazionale: 17,7% i laureati e 32,4% i diplomati contro rispettivamente il 10,6% e il 28,5%. Nei borghi del vino c’è anche meno disoccupazione: circa il 9% contro la media nazionale dell’11,4%.

Nelle piccole Città del Vino cresce inoltre la quota di popolazione che può contare su un reddito da lavoro o da capitale: 25-26% contro il 21,3% del dato italiano. Nelle Città del Vino si costruisce un po’ di meno e si pensa sempre più alle possibilità concrete offerte dall’enoturismo: tra il 2007 e il 2015 i servizi ricettivi delle Città del Vino sono cresciuti del 99%. La media italiana è di appena il 28%.

E poi nelle Città del Vino si beve e mangia meglio. I più importanti Comuni italiani a vocazione vitivinicola sono tutti Città del Vino: Barolo, Barbaresco, Marsala, Montalcino, Montepulciano, Scansano, Conegliano, Valdobbiadene, Pantelleria, solo per citare i più noti.

Anche in termini di eccellenze gastronomiche la ricchissima offerta di qualità italiana (291 tra Dop, Igp e Stg) e tradizionale (circa 5.000 piatti e PAT iscritti all’Elenco nazionale del Mipaaf) coinvolge moltissime Città del Vino, che spesso fanno parte anche di altre associazioni di identità, cioè sono contemporaneamente Città dell’Olio, Città del Bio, del Miele, del Castagno, della Chianina, del Pane, della Nocciola, del Tartufo.

E la bellezza? Solo per citare i territori Unesco, tante Città del Vino ricadono in siti riconosciuti e protetti a livello internazionale, come Porto Venere/Cinque Terre, Amalfi, la Val d’Orcia, le Langhe, il Roero e il Monferrato, Pantelleria per la pratica agricola della vite ad alberello; e poi Roma, i centri storici di Siena e San Gimignano, Aquileia, la Val di Noto, l’Etna, la Palermo arabo-normanno, Cefalù e Monreale con le rispettive cattedrali; e in dirittura d’arrivo le colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene.

Questa in estrema sintesi la fotografia del Libro Bianco per i 30 Anni delle Città del Vino, elaborato dall’Associazione (a cura di Alessandra Calzecchi Onesti) incrociando i dati delle fonti oggi disponibili (Istat 2011, Censis, Qualivita, Ismea, Iss e altri).

Il testo è stato presentato in Campidoglio il 21 marzo scorso per le celebrazioni del Trentennale alla presenza di autorità, sindaci, produttori e giornalisti. Con interventi e saluti di: Fabrizio Montepara, presidente di Res Tipica; Josè Calixto, presidente di Recevin (rete delle Città del Vino d’Europa); Young Suk Kim, sindaco di Yeongcheon (nuova Città del Vino della Corea del Sud); e del presidente dell’Associazione Nazionale Città del Vino, Floriano Zambon.

La mattinata ha visto anche un breve intervento sul Dna e il futuro della viticoltura italiana, da parte del professor Attilio Scienza, e sulle sfide dell’Urban Planning nelle Città del Vino, a cura del professor Davide Marino.

Alla cerimonia era presente anche Cinzia Pennesi, Assessore del Comune di Matelica, Città del Vino duramente colpita dal recente terremoto, che è intervenuta ricordando le difficoltà che i territori colpiti dal sisma devono affrontare anche in termini di riprogrammazione della promozione turistica, dopo che l’evento sismico ha fatto crollare le presenze.

Città del Vino e Movimento Turismo del Vino dedicheranno proprio alla solidarietà per i territori terremotati la prossima esdizione di Calici di Stelle.

La cerimonia si è conclusa con le premiazioni del Trentennale per amministratori pubblici, ex presidenti di Città del Vino, giornalisti, ricercatori e 17 famiglie del vino italiano di altrettante regioni.

«La qualità dell’ambiente, le bontà enogastronomiche, la bellezza dei borghi e dei nostri paesaggi, ma anche il lavoro, lo stile di vita, le relazioni sociali e il tessuto produttivo fanno delle Città del Vino un modello di riferimento per tutta l’Italia. Dobbiamo ripartire anche dai valori delle Città del Vino per ripensare il nostro Paese», ha sottolineato Floriano Zambon.

«Trent’anni di vita, progetti e attività al servizio dei territori lo dimostrano: nei luoghi con una forte identità si vive meglio, c’è più lavoro, la qualità della vita è più alta. La vite e il vino sono due elementi attorno ai quali si può ripensare una comunità. La nostra storia lo insegna e non sono soltanto i dati a parlare».


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