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17 dicembre 2018

News

PSP: «Aumento 540 euro mensili ai dirigenti scolastici è una follia. Ritornare al preside “primus inter pares”»


Per i Partigiani della scuola pubblica esagerato e fuori luogo appare l’aumento di ben 540 euro netti al mese ai dirigenti scolastici a partire dal 2010 stabilito in questi giorni nel corso dell’intesa sindacale.
Ancora più incredibile se lo si inquadra nel corso di una manovra di bilancio così complessa e sotto il capestro della procedura di infrazione da parte della Commissione europea e a fronte di docenti costretti a sopravvivere a mille km da casa per l’algoritmo renziano con uno stipendio di 1300 euro al mese, per i quali non si è ancora trovata una soluzione efficace.

L’aumento che si intende corrispondere ai dirigenti scolastici sarebbe pari a oltre un 1/5 dello stipendio fisso che attualmente percepiscono, 540 euro netti al mese, più dell’equivalente di una pensione sociale. Il tutto diventa ancora più assurdo se si analizza il livello raggiunto dai contenziosi a carico del MIUR dovuti all’assenza di controlli e di sanzioni a quei dirigenti scolastici che adottano condotte abusanti e si fanno difendere dall’avvocatura dello Stato, risultando anche spesso soccombenti.

L’esperienza di almeno 50 anni di scuola prima dell’autonomia conferma il dato che ruolo potenziato del dirigente scolastico non serve, a fronte di responsabilità che sono in capo agli organi collegiali. Quale beneficio è derivato alla funzione della scuola statale pubblica dalla governance autoritaria dei dirigenti scolastici, tale da giustificarne il mantenimento ad oltranza e una corrispettiva retribuzione, se sappiamo benissimo che essa viene esercitata tramite uno staff che può comprendere fino a 10 docenti (quelli sì sovraccarichi di lavoro e sottopagati)?

Sorge il dubbio che con questa manovra si sia voluta “indennizzare” la categoria dei dirigenti scolastici della perdita dell’autorità a decidere della vita e della morte professionale dei docenti, attraverso il ddl 763 con cui si intende abolire chiamata diretta e ambiti territoriali. Ci auguriamo che il governo nella legge di bilancio ci ripensi e dia invece la priorità a chi non arriva a fine mese, rispettando l’art. 36 della Costituzione, mantenendo la linea del contrasto alla povertà come indirizzo nelle contrattazioni di categoria.

Riteniamo assurdo e anti economico in questa congiuntura fare una simile regalia a una categoria che esercita un ruolo che potrebbe tranquillamente essere contenuto entro i limiti certi del rispetto della libertà di studenti, famiglie e docenti con migliori risultati per la gestione delle scuole. La vera rivoluzione sarebbe l’abbattimento della struttura verticistica e il ritorno al PRESIDE PRIMUS INTER PARES, coordinatore della didattica che deve pensare solo al buon andamento della istituzione scolastica curando i risultati formativi degli studenti, uno per uno, e il benessere di tutto il personale. La “buona scuola come il jobs act è servita per assestare il colpo di grazia al sistema istruzione conferendogli una configurazione aziendalistica incostituzionale.

La legge 107/2015 è stata imbastita ed approvata per portare nel mondo della scuola le richieste del mercato, per trasformare centinaia di migliaia di insegnanti da liberi educatori dei cittadini del futuro in disciplinati indottrinatori di sudditi intossicati dall’ideologia del pensiero unico, violando il dettato costituzionale . Il ruolo attribuito ai dirigenti scolastici è stato quello di “guardiani ed attuatori”, del disegno politico-culturale di cui la legge 107 è l’incarnazione normativa. Ma il mondo della scuola ha dato fiducia al Movimento 5 Stelle per cancellare, non per attuare la legge 107 comprando il consenso e la collaborazione dei dirigenti scolastici con la sottoscrizione di un contratto che prevede 540 € mensili di aumento stipendiale ben lontano dal principio del taglio dei privilegi applicato anche sugli stipendi dei loro stessi parlamentari.

Nel contempo si profilano riconoscimenti risibili, meno di una elemosina, per il rinnovo del contratto dei docenti ormai in scadenza, che non li aiutano certo ad arrivare a fine mese, né a condurre un’esistenza dignitosa. A tal proposito ricordiamo che un paio di mesi prima del 4 marzo, Luigi Di Maio dichiarava alla rivista “Tecnica della Scuola” (14/01/2018): «Altro che tagli alla scuola: per il Movimento 5 Stelle l’istruzione pubblica è una priorità e se andremo al Governo, dopo il voto politico del 4 marzo prossimo, ve ne accorgerete… »
Dobbiamo prima di tutto adeguare gli stipendi dei docenti italiani alla media europea e garantire la valorizzazione della loro professionalità, anche con il rinnovo contrattuale e la retribuzione delle ore di formazione e aggiornamento. La professione docente deve tornare ad avere il prestigio che gli è stato sottratto.
Il mondo della scuola gli ha creduto ed ora, dopo aver votato in massa per i 5Stelle, si ritrova con un pugno di mosche sul piano economico e con una sconfitta epocale sul piano politico.
A noi PSP non ci resta che ripartire con le lotte e facendo opposizione sociale al governo Lega-5Stelle.


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