“La dirigenza militare, membri dell’amministrazione presidenziale, la dirigenza della Rosgvardia (Guardia nazionale della Russia, ndr) e funzionari a lui vicini hanno cercato di comunicare con lui (Prigozhin, ndr). Ma non è chiaro di cosa volesse parlare, date le sue azioni”, ha detto la fonte. Allo stesso tempo, secondo fonti di Meduza vicine al Cremlino, a metà della giornata del 24 giugno Prigozhin ha cercato di contattare il Cremlino. Il leader dei mercenari anche “provato a chiamare Putin, ma il presidente non ha voluto parlargli”.
Secondo fonti di Meduza vicine al Cremlino e al governo russo, Prigozhin molto probabilmente si è reso conto di aver “oltrepassato il limite” e che “le prospettive per i suoi convogli erano vaghe”. A quel punto, i mercenari non erano lontani dal fiume Oka, dove l’esercito russo e Rosgvardia hanno deciso di costruire la prima linea di difesa contro i mercenari.
Il Cremlino avrebbe quindi deciso di adottare una strategia finalizzata ad evitare un “bagno di sangue” visto anche il cambio di linea manifestato dal leader della Wagner. Le fonti hanno spiegato che i negoziati finali sono stati condotti da un importante gruppo di funzionari, tra cui Anton Vayno, capo dell’amministrazione presidenziale, Nikolai Patrushev, segretario del Consiglio di sicurezza russo, e Boris Gryzlov, ambasciatore russo in Bielorussia. Capo negoziatore il presidente bielorusso Lukashenko.
Prigozhin ha infatti insistito perché ai colloqui partecipassero “alti funzionari”. E data la riluttanza di Putin a contattare Prigozhin, i negoziatori non avevano molte opzioni. “Prigozhin aveva bisogno di un degno interlocutore per stare dal gioco. E’ stato Lukashenko a prestarsi. Ama le pubbliche relazioni e comprende i vantaggi, ecco perché ha accettato”, ha detto la fonte di Meduza, secondo la quale il “beneficio” per Lukashenko è evidente: pubblicamente, è diventato l’uomo che “ha salvato la Russia al massimo dalla guerra civile, o almeno da molto spargimento di sangue”.
Fonti di Meduza vicine al Cremlino e al governo russo hanno convenuto che Prigozhin “è stato espulso dalla Russia. Il presidente non lo perdona”. Secondo loro, le parti “discuteranno” i dettagli dell’accordo sulla nuova posizione di Prigozhin, ma “non avrà la stessa influenza e le stesse risorse”. Non sono esclusi cambi ai vertici del ministero della Difesa. “Ma non su richiesta di Prigozhin, piuttosto a causa dell’autodeterminazione del ministero della Difesa”, prosegue la fonte.