mug of beer
11 luglio 2016

News

Quando una birra può definirsi artigianale? Lo spiega il collegato agricoltura appena approvato dal Parlamento


In Italia sono già circa 700 i produttori di birre artigianali, che negli ultimi anni ha avuto nel nostro paese un boom eccezionale. Secondo Assobirra, infatti, gli italiani producono circa 7 mila varietà di questa bevanda con metodi non industriali. Una crescita così esponenziale aveva bisogno di una regolamentazione, che finalmente è arrivata: Nel collegato agricoltura appena approvato dal Parlamento, dopo un iter di due anni, è stato inserito anche un articolo sulle birre artigianali.

Niente pastorizzazione e microfiltrazione
Secondo l’articolo 35 del collegato agricoltura, adesso si può considerare artigianale la birra «prodotta da piccoli birrifici indipendenti e non sottoposta, durante la fase di produzione, a processi di pastorizzazione e microfiltrazione», che sono generalmente utilizzati dai produttori industriali. La produzione di ogni birrificio artigianale dovrà poi essere limitata a un massimo di 200 mila ettolitri all’anno, inclusa anche la produzione per conto terzi.

Norme contro l’assalto dei big
Secondo il collegato, poi, i piccoli birrifici per definizione sono quelli «legalmente e economicamente» indipendenti da «qualsiasi altro birrificio», che utilizzano impianti «fisicamente distinti da quelli di qualsiasi altro birrificio», senza operare «sotto licenza di utilizzo dei diritti di proprietà immateriale altrui». Questo passaggio è stato pensato per evitare che un mercato così in espansione venga fagocitato dalle grandi multinazionali del settore, che potrebbero acquisire anche i piccoli birrifici promettenti.

Il ministero si impegna a mettere in campo disposizioni per favorire lo sviluppo della filiera artigianale italiana. Nel frattempo, sulla base di quanto approvato, cambieranno anche le etichette. Tutte le birre definite «artigianali», ma che non rispettano i requisiti di cui sopra, dovranno togliere la dicitura dalla bottiglia.

Come riconoscere le migliori
Fiorenzio Oliva, degustatore professionista dell’Unione degustatori di birra e proprietario della birreria «A tutto luppolo di Roma», spiega al Test Salvagente quali sono le priorità a cui stare attenti per scegliere una buona birra artigianale: «Innanzi tutto la torbidezza. Se è tanto chiara e tanto limpida al 99% non può essere artigianale perché questa deve essere non pastorizzata e non filtrata. Se in bottiglia, deve esserci un sedimento di lievito sul fondo della bottiglia, mentre se alla spina, ci deve essere opacità».

Altre due caratteristiche per capirne la bontà sono il gusto e l’olfatto: «L’odore non deve presentare quelle che noi chiamiamo “puzze”, odori un po’ particolari legati al mais. Le birre industriali usano molto il mais. Oppure altri odori sgradevoli dovuti ai fusti che si lasciano sotto una fonte di calore. Le birre artigianali emettono profumo di erbe, terra, se i luppoli sono tedeschi, o hanno sentori di agrumi, frutti esotici, se vengono dagli Usa».

Nonostante alcuni produttori stiano cercando di sviluppare delle coltivazioni di luppoli italiane, il clima non è favorevole, e la maggior parte di quelli usati sono neozelandesi, inglesi, americani, tedeschi. Il 99% delle materie prime della birra sono prese all’estero. L’orzo viene prodotto anche in Italia, ma comunque deve essere maltato e di malterie nel nostro Paese ce ne sono pochissime.
(Fonte: Test Salvagente)


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