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27 febbraio 2017

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Si può sapere quanti sono i collaboratori parlamentari con contratto?


In Italia la materia è regolamentata poco e male. Gli assistenti di deputati e senatori svolgono un ruolo fondamentale nelle dinamiche parlamentari, ma sono molto poche le informazioni che le istituzioni fanno circolare. A partire da numero complessivo e tipi di contratti usati.

L’Associazione italiana collaboratori parlamentari (Aicp) ha lanciato un appello ai questori di Camera e Senato per sapere il numero esatto di collaboratori con contratto nel Parlamento italiano. Una richiesta semplice, che evidenzia le molte zone d’ombra sulla materia. Ma cominciamo dall’inizio.

Oltre all’indennità (circa 5.000 euro) e alla diaria (circa 3.500 euro), ogni parlamentare riceve un rimborso spese per l’esercizio del proprio mandato. Questo rimborso, che ammonta a 3.690 euro alla Camera e circa 4.000 euro al Senato, è pensato per sostenere le spese per le attività istituzionali.

Metà è sottoposta a rendicontazione quadrimestrale, l’altra metà è erogata forfettariamente.

Tra le spese da certificare rientra anche quella per il proprio collaboratore. In pratica ogni parlamentare ha un budget individuale a disposizione che può spendere per assumere personalmente un suo assistente. I dettagli del rapporto lavorativo sono lasciati alla piena discrezione del politico e del professionista.

Come denuncia l’Associazione italiana collaboratori parlamentari «non vi è alcun tipo di modello contrattuale al quale il parlamentare possa fare riferimento, non vi è alcuna relazione fra l’incarico ricoperto, il numero di ore lavorate e la retribuzione, non vi è alcuna chiarezza sul dovere di versamento di tasse, contributi e non vi è alcun elemento di trasparenza».

Sebbene vi sia l’obbligo da parte del parlamentare di depositare presso gli uffici competenti il contratto del proprio collaboratore, permane il ricorso diffuso a contratti di lavoro atipici, in particolare partite iva e collaborazioni a progetto, nonostante il rapporto di lavoro abbia, molto spesso, le caratteristiche del rapporto di lavoro subordinato». Tutti questi elementi fanno emergere evidenti lacune normative.

Per raccogliere informazioni cruciali l’associazione ha lanciato il questionario 2016 per i collaboratori parlamentari e cercare così di sapere quanti sono gli assistenti di deputati e senatori, che tipo di contratto hanno, che tipo di mansioni svolgono e per quanti diversi parlamentari lavorano.

Quest’ultimo aspetto è particolarmente interessante. Non è raro infatti che uno stesso professionista lavori per più parlamentari, nonché per gruppi politici o partiti nazionali. Poiché anche i gruppi parlamentari ricevono denaro dalle istituzioni per assumere personale, questa ricorrente sovrapposizione di incarichi può essere considerata impropria dal punto di vista dell’uso dei fondi pubblici.

Per cambiare le cose basterebbe prendere esempio da altri paesi europei, o anche dall’Unione europea stessa. Nel 2005 il Parlamento europeo ha adottato lo «Statuto dei deputati del Parlamento europeo», che all’articolo 21 recita «1. I deputati hanno diritto ad essere assistiti da collaboratori personali da loro liberamente scelti. 2. Il Parlamento copre le spese effettivamente sostenute per l’impiego degli assistenti. 3. Il Parlamento fissa le condizioni per l’esercizio di questo diritto».

Tre semplici regole che fanno una grande differenza: i parlamentari scelgono da chi essere assistiti ma il contratto intercorre direttamente con il parlamento, che stabilisce anche i criteri e le modalità del rapporto lavorativo.

Sono inoltre previste delle regole di incompatiblità: il collaboratore del politico non può far parte del personale di un gruppo parlamentare né di un partito politico di livello europeo, né può essere retribuito a tempo pieno da una delle istituzioni comunitarie.

Infine esiste anche un registro pubblico degli assistenti parlamentari. Come sottolineato dall’Aicp la professione è regolamentata anche in Germania, Francia, Spagna e Gran Bretagna.
(tratto da blog.openpolis.it)


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