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11 febbraio 2017

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Rapporto sulla qualità dello sviluppo 2016. Crescono le disuguaglianze, ceto medio più fragile, aumentano i poveri


Nonostante la crescita economica registrata dal Pil e il modesto miglioramento dei livelli occupazionali, l’Italia continua a mostrare i segni di un progressivo deterioramento della qualità dello sviluppo, accompagnato da profonde differenze territoriali e sociali.

La ricchezza tende sempre più a concentrarsi in fasce di popolazione ad alto reddito, col risultato che il ceto medio è più fragile, aumentano i poveri e (soprattutto) i quasi-poveri, il lavoro è percepito più instabile e nel complesso è più difficile migliorare le proprie condizioni economiche, sociali e professionali.

E’ in sintesi la fotografia del Rapporto sulla qualità dello sviluppo in Italia, realizzato da Tecnè e dalla Fondazione Di Vittorio (l’istituto per la ricerca della Cgil), che ha l’obiettivo di misurare lo stato di salute del Paese dal punto di vista delle disuguaglianze territoriali.

L’indice generale, in un anno, scende da 100 a 99, con un peggioramento, in particolare, nel Nord e nel Centro e con il Mezzogiorno che continua a essere in grave ritardo rispetto al resto del Paese. Aumentano le disuguaglianze economiche e la concentrazione della ricchezza.

Tutto ciò si riflette in un sentimento di diffuso pessimismo sul futuro del Paese e in una crescente sfiducia economica.

In una sorta di adattamento funzionale, cresce leggermente la soddisfazione personale verso la dimensione domestica. Peggiorano gli standard abitativi ma aumentano i beni posseduti dalle famiglie (dalla consolle di videogiochi, alla parabola, a internet).

Si frequentano meno gli amici e si passa meno tempo fuori casa, ma si è più soddisfatti del tempo libero. La dinamica segnala un ripiegamento nel privato e un indebolimento della propensione sociale partecipativa.

Infatti, si parla più di politica ma si ascoltano meno i dibattiti, cala la partecipazione agli eventi collettivi ma cresce l’interesse individuale nei confronti di ciò che accade nel Paese. E la politica diventa sempre più un’attività da «poltrona», assumendo nuove forme di partecipazione immateriale.

Aumentano le forme di solidarietà non partecipativa: crescono quanti sono disponibili a dare un aiuto economico ma diminuiscono quanti sono disponibili a dare un aiuto pratico e diretto.

La rarefazione della dimensione collettiva si sposa con la crescita della sfiducia economica e del risentimento nei confronti della politica, mentre prende forma una conflittualità sociale a bassa intensità e ad alta frequenza, che diventa più forte nelle area sociali più vulnerabili.

Cresce la fiducia interpersonale, soprattutto nei confronti di coloro che vivono la medesima condizione socio-economica (per esempio il vicino di casa) e verso le forze dell’ordine, mentre diminuisce nei confronti del «diverso», che può essere l’immigrato ma anche chi soffre di forme estreme di disagio sociale ed economico.

Nel complesso le 3 regioni migliori dal punto di vista della qualità dello sviluppo sono il Trentino Alto Adige (136), il Friuli Venezia Giulia (113) e il Veneto (112). Quelle che hanno registrato le migliori perfomance rispetto al 2015 sono la Liguria, le Marche (entrambe sopra la media Italia) e il Molise (sotto la media).

Fanalino di coda, nell’ordine, Campania, Sicilia e Calabria.


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