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29 dicembre 2022

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REPORTAGE 60°. Sanità in Calabria nel 1966: «GIUNGE PRIMA LA MORTE CHE IL RICOVERO IN CORSIA»


REPORTAGE ANNO V N. 10 OTTOBRE 1966: «L’assistenza sanitaria in Calabria – Giunge prima la morte che il ricovero in corsia» di Benito Soranna

“Cominciamo col dire, a conforto ed a risposta dei cavillosi, che noi non indulgiamo mai ad estremi assurdi e paradossali per negare quanto anche in Calabria è stato fatto sia pure in maniera insufficiente alle effettive esigenze della regione. Non  è infatti il caso di inseguire utopie per contestare il credo degli scontenti di professione che trovano il nulla anche nelle cose più evidenti, ciò, si badi, non vuol dire che la Calabria debba rinunciare alle moltissime rivendicazioni o debba serbare gratitudine a tutti coloro che se ne sono interessati troppo poco!”

“Tante cose sono state trascurate in questa regione che non ha molta fede nelle promesse e nei programmi spettacolari avendo provato di che delusione è fatta l’attesa di paradisi in viaggio verso la terra trasformata nella California d’Italia, come alcuni anni fa ebbero a promettere. Pertanto, mentre siamo tenuti a riconoscere che qualche cosa è stata afatta, non possiamo fare a meno di lamentare le deficienze che ancora opprimono l’esistenza della gente in Calabria, E’ ora la volta dell’assistenza sanitaria che, com’è facile pensare, non è affatto una realtà marginale e trascurabile ma una delle più sentite”.

“Cominciamo a domandarci quali siano gli ospedali funzionanti nella nostra regione, se si fa eccezione per quelli dei tre capoluoghi e quelli di altri paesi che non sono però sempre capaci di venire incontro alle moderne forme di cura e di assistenza. Numerosissimi sono i Comuni che distano dai centri ospedalieri decine e decine di chilometri sicchè, in caso di intervento urgente, giunge prima la morte cheil ricovero in corsia.

E va notato che il crescente ritmo della motorizzazione comporta purtroppo l’aumento degli incidenti e di conseguenza la necessità di ospedali e di centri ove sia possibile ricoverare i feriti. Talora in non pochi comuni manca persino la strada idonea per raggiungere gli ospedali in centri molto distanti, mentre le condizioni dell’ammalato non ammettono ritardi ma tempestività. Quali pochissimi centri ospedalieri sono dotati di moderne attrezzature tali da rispondere a tutte le esigenze dei vari casi? Che cosa avviene, allorchè nei paesi della Calaabria tagliati fuori da un’insufficiente rete stradale, insorge un grave bisogno di ricovero in ospedale? La disperazione e la morte hanno ragione su tutto, si muore anche quando il male non è irreparabile perchè l’intervento non può essere tempestivo!

Nè bisogna credere che gli enti assistenziali dei lavoratori possano fare miracoli e possano trasformarsi in ospedali pubblici! Essi, com’è facile pensare, curano solo gli assistibili! Che debbono fare allora quelli che non hanno la fortuna di essere assistiti e sono poverissimi, addirittura incapaci di pagare il viaggio per recarsi nella città sede dell’ospedale? C’è gente che non può pagare i medicinali che si sa, non scherzano per il costo! Costoro non hanno denaro, non hanno diritto ad assistenza, non essendo inquadrabili in enti assistenziali. Hanno solo forse il diritto di morire? Il problema diventa assai grave per il fatto che il benessere economico in moltissime famiglie non è conosciuto sicchè anche l’acqusto di medicine non è sempre possibile. Nè si può dire che i cittadini non assistiti siano pochi, c’è tutto per far credere che essi siano più numerosi più di quanto non appaia in realtà. Il problema dell’assistenza medica è quindi molto serio e va affrontato con fervore per liberare il popolo calabrese anche dal pericolo alla sua salute. L’intervento dello Stato in questa Calabria depressa deve essere orientato alla soluzione definitiva del problema dell’assistenza sanitaria perchè non è affatto tollerabile che un popolo rinunci alla vita per deficienza di mezzi economici”.

“Il caso recentemente verificatosi in un paesino della Calabria è anche un esempio di quanto sia doloroso lo stato di chi non può essere assistito. Era giunta un’ambulanza portando dall’ospedale alla propria abitazione un giovane ventenne ormai moribondo. Mentre urli, pianti e e scene strazianti della povera famiglia echeggiavano intorno, l’auto ambulanza della CRI non ripartiva perchè doveva essere pagato il viaggio e il trasporto del giovane. La famiglia, economicamente prostrata e più ancora dell’irreparabile perdita del giovane congiunto, non era in grado di sborsare l’importo non certo irrisorio al conducente dell’autoambulanza il quale attendeva. La scena non era delle più edificanti e non certo per colpa del conducente. Pagò dopo incertezze e strette di spalle il Comune… Ma è proprio vero che non si poteva fare diversamente?”

 


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