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13 dicembre 2022

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REPORTAGE oggi compie 60 anni: ecco i primi articoli del primo numero datato 13 dicembre 1962


Il 13 dicembre 1962 usciva il 1° numero di Reportage, mensile d’attualità, fondato da Rosario Arcuri. Nel giorno del 60° compleanno del nostro giornale, riportiamo qui l’articolo di fondo e l’articolo di spalla di quello storico primo numero che, come vedrete, sono estremamente attuali, sostituendo solo qualche parola potrebbero essere stati scritti oggi.

Alla lettura di questi pezzi, la prima riflessione (ma avremo modo di discuterne) è che un giornale indipendente come il nostro era fin dal primo numero in sintonia coi tempi e con il territorio, ma la successiva, ahimè, è che in sessant’anni la Calabria non è cambiata molto. Buona lettura! (A.P)

L’allegro paese di Alfredo Zallone

Siamo decisamente un paese… allegro. Del resto, con i tanti buffoni che ci circondano e che spesso ci comandano, è il minimo che ci rimane e a volte restiamo perplessi perché non sappiamo se questa sia la ragione della nostra forza o la causa della nostra debolezza per cui è facile all’ultimo sprovveduto di turno fare il bello e il cattivo tempo a nostro danno.

Che le cose non vadano è un fatto scontato e che tutti avvertono, anche se pochi denunziano. Ogni tanto un episodio clamoroso muove le acque ma alla fine si ritorna al Totocalcio, a Canzonissima e alle altre baggianate con le quali è facile incantare l’italiano medio.

La realtà che si nasconde dietro la facciata è ben diversa e ci fanno ridere quando ci parlano di “miracolo economico”, laddove è scontato che stiamo andando avanti alla ventura con improvvisazioni sempre più gravi, con gente sempre più impreparata e con un mal costume che ha raggiunto vette mai sognate.

Nel nostro piccolo stiamo predicando dal primo momento per il ritorno ai valori di ogni paese civile, per evitare di avere uno stato che faccia camorra come spesso avviene, per combattere contro la mafia di stato che ogni giorno allarga i suoi tentacoli, arrivando ad invocare un maggior numero di mandati di cattura al posto di circolari fasulle o di dichiarazioni troppo presto rientrata, da parte di chi ha il dovere di intervenire prima che tutto diventi marcio… (continua)

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ESODO PATOLOGICO ANCHE CON LA GRAN “CASSA” di Giarcosueri

Tremila miliardi non sono serviti a frenare l’esodo. Eppure convertiti in biglietti da mille, coprirebbero tutte le regioni cha vanno dalla Calabria alla Sicilia. Numerose leggi sono state approvate in favore del Mezzogiorno per liberarlo da quel disagio economico e soprattutto morale dal quale attraverso i secoli non è riuscito a liberarsi, ma queste, per quanto studiate al lume di una matura esperienza, evidentemente non sono state interpretate nella vera essenza, in buona fede o maliziosamente non sappiamo, ma certo con un criterio non degno del buon padre di famiglia. Da qui la grave delusione. E quel che è peggio, non possiamo lagnarci perché quelli del Nord sono pronti a rinfacciarci i tremila miliardi sprecati in nove anni, che comunque sono usciti dalle casse dello Stato. Tremila miliardi… Ma son davvero tanti!

E’ legittima e anche spiegabile quindi la disapprovazione di tutti, ad eccezione, si capisce, di quelli che, per essere in un modo o nell’altro nella greppia, trovano comodo approvare e favorire il deprecato sistema di eludere le leggi.

La schiacciante prova può essere fornita con l’esodo patologico non solo di operai e di braccianti, ma di intere famiglie che aspirano a un migliore tenore di vita, anche se debbono affrontare un periodo di noviziato più o meno lungo prima di trovare posto nel nuovo ambiente. Esodo di massa diremo, in quanto indisciplinato ed esposto a tutte le avventure. Sono centinaia di migliaia di persone che lasciano le loro regioni, alle quali invano la natura fu generosa, per portarsi nei paesi del Nord con la fiducia nel cuore di trovare una tranquilla sistemazione.

E non è solo l’operaio, anche l’intellettuale non riesce a trovare un impiego per quanto affannosamente lo cerchi… Dicendo intellettuale intendiamo riferirci specialmente ai diplomati in scienze specifiche come i periti agrari, i periti industriali, i geometri, i ragionieri, eccetera. Costoro, stante il vasto programma delle leggi sul Mezzogiorno, avrebbero dovuto e dovrebbero trovare un facile assorbimento. Niente affatto, sono quasi tutti disoccupati, ad eccezione di qualcuno che ha superato uno di quei concorsi, il cui numero limitato di posti ha scoraggiato in partenza la gran massa degli aspiranti, o di quelli che una provvida mano ed un potente piede ha lanciato e accomodato in quelle posizioni riservate ai figli di papà.

Quel che è peggio in agricoltura non soltanto i braccianti fuggono in massa, invadendo magari il settore dell’industria, ma anche i coloni, i mezzadri ed i piccoli proprietari. Non è valso a nulla di costruire in tutte le campagne case coloniche, porcili, pollai?

E perché mai si sono assoggettati ad espletare quelle pratiche sconcertanti per il sistema burocratico per avere il contributo dello Stato, quando in definitiva quelle opere non dovevano offrire alcuna utilità?

Via, non siamo esagerati in definitiva. Quelle opere non mancano di accorgimenti intelligenti, grazie ai quali con il contributo si coprono le spese delle costruzioni e si assicura una quota di guadagno liquido, comunemente chiamato col nome  di “zuppa”.

Le case coloniche son fatte, direbbe il buon d’Azeglio, bisogna ora fare i coloni. Il colono, siccome la storia insegna, in ogni epoca ha creato la casa secondo la sua esigenza, la casa colonica non ha mai creato il colono. Era quindi opportuno trovare prima il sistema per attirare il contadino ad amare la terra. E la terra vuol dire prosa e non poesia.

Non è la casetta civettuola quindi che innamora il colono, ma è il vivere tranquillo, la sicurezza, la vita. Se questa manca, siccome è avvenuto nel passato, basta ricordare il Medio Evo, l’uomo abbandona la terra e con la terra la casa.

La casa senza l’uomo cadrà, come testimoniano i ruderi dei vecchi manieri, cadranno anche a meno che mutando maliziosamente lo spirito delle leggi in materia non siano costruite nelle vicinanze dei centri abitati. Cadranno prima che si pensi, anche se nel loro progetto figurano impiegate le materie più resistenti al tempo; cadranno perché manca la vita, l’elemento, cari fratelli del Nord, che vivifica e conserva. Ecco, cari fratelli del Nord, il risultato della spesa di tremila miliardi.

Giarcosueri (N.D.R. riteniamo che Giarcosueri fosse lo pseudonimo di Giosuè Arcuri, padre di Rosario e Federico Arcuri. Classe 1910, noto avvocato, fine intellettuale e per passione scrittore e giornalista, Giosuè Arcuri fu uno dei primi calabresi iscritti all’Ordine, corrispondente di diversi quotidiani e riviste).

 

 

 


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