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25 maggio 2020

Reportage BLOG

ROVISTANDO NEI CASSETTI di Fiore Isabella: «L’arte di arrangiarsi»


C’è un cassetto, anch’esso sbarrato per troppo tempo, da riadattare alla condizione di pensionato investendolo di qualche documento delle ormai frequenti comunicazioni cartacee dell’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale; ovviamente senza escludere qualche altro accorgimento di riposizionamento delle gerarchie del presente rispetto alle scartoffie del passato.

Mi viene incontro una foto che è tutto un programma e, connessi a quell’immagine, i ricordi di una didattica legata all’utilizzo di sussidi non strutturati, tipici dell’esperienza Montessoriana delle cianfrusaglie, più comunemente intesa come arte di arrangiarsi.

Proprio così! Correva l’anno scolastico 1984-85 e nel quinto Circolo Didattico di Sambiase, nello svolgimento del Programma di Storia, si ergeva, molto gradito agli alunni, l’obiettivo della conoscenza diretta del territorio. Quale occasione più propizia per liberare i bambini dalle catene di un’aula incardinata in un edificio improprio e dal tormento dei libri di testo. La visita al centro storico, nel rione Miraglia, fu un successo imprevisto perché incrociammo un anziano residente, che ci travolse di aneddoti e ci spiegò, in inappuntabile dialetto, la struttura della casa contadina.

L’inizio fu travolgente: “Chistu è llu catuaio e cci stavia llu ciucciu; trasiandu du vignanu, una supra l’atra, a stanza ppi cumparisciri, quilla ppi durmiri; supra supra, ad aria i ciaramidi a cucina ccu llu fhucularu e llu furnu”. Tradotto, per i pochi alunni che non avevano confidenza col dialetto: “questa è la stalla dove abitava l’asino; entrando dal pianerottolo esterno, una sull’altra, la stanza per ricevere gli ospiti e la stanza da letto; all’ultimo piano, in un vano coperto con le sole tegole, la cucina con il focolare e il forno”.

Ma la nostra vernacolare guida, accortasi della difficoltà dei bambini, nel tentativo di andare loro incontro, ad una domanda sulla posizione del bagno, infilò una indimenticabile perla di promiscuità semantica: ” Il gabinetto è in una nicchia dentro il muro e dopo il bisogno si butta nel cesso un cato d’acqua”. Non ci fu bisogno di operare traduzioni perché tutto apparve simpaticamente chiaro e comprensibile.

Per dare seguito all’esperienza della visita guidata, mentre in una piazzetta consumavamo il panino, decidemmo di riprodurre in miniatura l’immobile contadino a partire dal giorno dopo. Ritornando a scuola, per avere all’indomani il materiale disponibile, assalimmo un paio di botteghe di amici falegnami per trovare il necessario (pezzi di compensato di risulta, chiodini e colla). La sera, munito di roncola, tagliai dal canneto del mio vicino, che mi sembrava facessero più al caso delle mie visibilmente deperite, le canne per le tegole del tetto. Dopo tre giorni di intenso ma piacevole impegno, inaugurammo il manufatto in miniatura di una casa che ancora sopravvive, anche se non ci sono più i contadini che la abitano. E quei bambini, che l’avevano esplorata e abilmente riprodotta, oggi mandano i figli a scuola costretti a seguire, a causa della pandemia, i corsi di didattica a distanza”.

A questo proposito, è significativa la testimonianza, riportata nel diario di bordo, di un insegnante di arte ed immagine che così recita: ” … Gli alunni, chiusi in casa, non avendo fogli, hanno colorato su pezzi di cartone ricavati da vecchie scatole o sul retro di vassoi di dolci o ancora su pagine di giornale o sull’elenco telefonico. Non avevano tempere e hanno colorato con vecchi e induriti smalti per le unghie delle loro mamme. Non avevano pennelli e hanno colorato con spugne e penne lisce o rigate, a seconda di quello che offriva la disponibilità della credenza. Mi sono arrivati audio di alunni che con il tuorlo o l’albume messo da parte avevano imparato a fare la carbonara, la torta per il compleanno o “ i Fraguni”. Tutto è stato accompagnato da video lezioni e da documentazioni fotografiche in sequenze con tanto di didascalie”. Prove tecniche di educazione all’immagine in tempi di pandemia che hanno permesso ai figli dei miei alunni di scoprire (per i loro genitori era la regola) l’arte di arrangiarsi.
Fiore Isabella


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