Sanremo, Willie Peyote: "Porto sul palco la battaglia per le riaperture"
24 febbraio 2021

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Sanremo, Willie Peyote: “Porto sul palco la battaglia per le riaperture”


Roma, 24 feb. (Adnkronos)

Andando a Sanremo “non avrei potuto prescindere dal tema delle riaperture, perché è la cosa che mi tocca di più, sia a livello professionale che umano: io, i miei musicisti, abbiamo bisogno di tornare a suonare, è il motivo per cui facciamo questo lavoro. C’è gente che quest’anno hanno dovuto trovarsi un altro lavoro per sopravvivere, da Amazon, nei supermercati, e questa cosa non può passare sotto silenzio. Rispetto troppo i miei musicisti per andare sul palco e far finta che loro non esistano”. Willie Peyote racconta così all’Adnkronos il senso e le emozioni di ‘Mai dire Mai’ (La Locura), il brano che l’artista porterà alla 71ma edizione del festival di Sanremo.

“Riapriamo gli stadi ma non teatri né live”, è infatti l’inequivocabile leit motiv del pezzo che critica l’approccio alla cultura nel nostro paese. “Non voglio insegnare niente a nessuno e non voglio neanche fare il paraculo -spiega Willie, al secolo Guglielmo Bruno- però non mi sentivo di poter prescindere dal discorso che noi è un anno che non lavoriamo”. E ‘Mai dire mai’, com’è nello stile dell’artista, affronta il periodo che stiamo vivendo con ironia tagliente e senza sconti: “Questa è l’Italia del futuro/un Paese di musichette mentre fuori c’è la morte”, canta.

Il pezzo è stato scritto dall’artista insieme a Carlo Cavalieri d’Oro, Daniel Gabriel Bestonzo, che dirigerà anche l’orchestra al festival, e Giuseppe Petrelli, e uscirà nei negozi il 26 marzo. “Più che una canzone di protesta, è una canzone di ironia -spiega- perché il tentativo è sempre quello di prendere poco sul serio me stesso, ma prendere molto sul serio quello che faccio. Quindi si parla di argomenti seri, ma in modo ironico perché non volevo nemmeno andare a Sanremo e mettermi su un piedistallo, ma andarci e prendere tutti in giro, me compreso. Vorrei che fosse vissuta come un po’ un gioco, per rimanere nel concetto che siamo tutti parte del problema”.

Circa la sua idea del panorama musicale e discografico, tema affrontato nel brano sanremese, Guglielmo tiene ad essere chiaro: “Io sono positivamente impressionato dal grande fermento che c’è musicalmente in Italia -sottolinea- non vorrei quindi essere considerato un ‘boomer’ che critica i giovani d’oggi. Il discorso è più ampio, io nel pezzo non me la prendo con gli artisti ma con le major, le case discografiche, gli addetti ai lavori, i giornali di musica… Ci sono tante cose interessanti nel panorama musicale, anche in gara a Sanremo, molto innovativi. Ma da qui a dire che è tutto bello il contesto e come lo viviamo, no”.

Il fatto che quest’anno non ci sia il pubblico, Willie Peyote lo vive in modo ironico e non negativo: “Almeno non faccio la fine di Crozza nel 2013, dove c’è un’intera platea a contestarmi”, scherza. E osserva: “E’ un palco, ma comunque è un palco televisivo. So che il mezzo è diverso rispetto ai concerti, anzi trovo più difficoltà a suonare con la gente seduta”. E sul duetto con Samuele Bersani, con il quale eseguirà la celebre ‘Giudizi Universali’, si illumina: “Quando mi hanno detto che potevo scegliere qualsiasi canzone, ho deciso di farmi un regalo con quella che è una delle più belle canzoni degli ultimi trent’anni. Un onore che Samuele la canti con me sul palco, me lo ricorderò”.

Su quello che ha imparato in questo periodo di pandemia, il 36enne artista piemontese non ha dubbi: “Non sono tra quelli che dicono che necessariamente questo periodo ha tirato fuori il meglio di noi, ma sicuramente ho imparato qualcosa, ed è la pazienza, che mi mancava proprio”. E se è vero che “non sono a Sanremo per fare la gara ma per divertirmi”, se dovesse vincere si stupirebbe come un bambino: “Mi direi che davvero tutto può succedere. Premiare me, vorrebbe dire che davvero il festival abdica a se stesso”. E alla domanda se, da vincitore, potrebbe andare addirittura nel salotto della D’Urso, risponde a suo modo: “No, se non mi obbligano non ci vado. Non avrebbe senso. Loro non capirebbero quello che dico, e io non capirei quello che dicono loro”. (di Ilaria Floris)


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