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3 marzo 2021

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#SANREMOVENTIVENTUNO: CRONACHE DAL FESTIVAL di Gianlorenzo Franzì


Sono 2069 le canzoni che hanno partecipato, nelle 71 edizioni dall’inizio ad oggi, a Sanremo: e si, la maggior parte hanno parlato d’amore. Eppure, Sanremo ha sempre saputo raccontare cambiamenti e istanze della società italiane dal dopoguerra ai giorni nostri, come fotogrammi in sequenza. Perché magari, una su tutte, non tutti sanno che VOLA COLOMBA del 1952 porta già la politica sul palco dell’Ariston con una canzone dedicata a Trieste, occupata dagli alleati dopo la guerra e oggetto delle rivendicazioni della vicina Jugoslavia.

E così via, tra UN DISCO DALL’ITALIA a CHE SARÀ, passando per CIAO AMORE CIAO… finendo dritti fino ad Arisa che apre la sezione dei campioni in gara, quest’anno 24: con uno dei suoi pezzi migliori, frutto della maturazione di un’artista straordinaria forse fin troppo sottovalutata e poco conosciuta, con una vocalità incredibile, dalla grana grossa, e con testi ultimamente che dall’amore virano su riflessioni e solitudini esistenziali mai banali. Proprio come POTEVI FARE DI PIÙ, il pezzo che porta a Sanremo e che è sicuramente uno dei migliori in gara, con una progressione armonica incredibile.

C’è poi Fiorello, immancabile spalla di Amadeus al suo secondo anno, in questo “Ama-bis” tanto voluto e atteso quanto inatteso nella sua messa in scena: perché pochi, alla finale dell’8 febbraio del 2020, avrebbero pensato che Sanremo 2021 sarebbe stato uno spettacolo davanti ad una sala di un teatro vuoto.

Fiore furoreggia lo stesso, entrando in scena con rossetto e smalto nero e subito frizzando l’aria salendo sopra le righe, scompigliando le carte (programmaticamente o meno) anche se a volte sembrando un po’ troppo quello zio che a Natale vuole essere simpatico a tutti i costi e grida “tombola!” dopo il primo numero.

Certo é che Amadeus e Fiorello riescono ad ironizzare con grazia anche sullo “straniamento Covid” e su Dad, tra fiori consegnati su un carrello e buste con vincitori intoccabili: ci sono però anche i 4 ragazzi delle nuove proposte, tra cui solo Folcast e Gaudiano passano il primo turno. Il primo con un refrain sentito mille volte finto/autoriale, il secondo forte di una melodia accarivante e ritmata e una voce da bel canto.

Sempre sui Campioni: ottimi Colapesce e DiMartino, orgoglio meridionale, con la bellissima MUSICA LEGGERISSIMA, un pezzo che fonde perfettamente le due anime dei cantautori, tra morbide sonorità da radio anni Ottanta e quella che probabilmente è l’unica declinazione possibile oggi di pop, altissima nei contenuti, classica nella forma, moderna nello svolgimento.

Buona la prima anche per Aiello, con ORA, anche se forse avrebbe giocato spingere meno sul meló in una performance troppo urlata.

Viene da chiedersi chi ha vestito Fedez, anche se forse è proprio lui che ama abbigliarsi in maniera orrenda per far risaltare di più l’eleganza lieve della sua consorte: e comunque lui per la prima volta sul palco italiano musicale per eccellenza non funziona. Sarà per una canzone poco incisiva e particolarmente convenzionale, furba nei giri armonici, banalissima nella divisione dei ruoli (la Michelin che alza i toni, lui che accenna un timidissimo rap), ma CHIAMAMI PER NOME è uno dei pezzi più deboli.

Certo non è inutile applaudire ancora e ancora ad una vera signora rock come Loredana Berte, che sale da autentuica outsider per l’11a volta sul palco dell’Ariston, riuscendo a graffiare ancora con il remix delle sue hit e la nuovissima FIGLIA DI

A 70 anni suonati, Loredana suona molto più moderna e avvincente di Fedez, sincera nella sua ricerca di sonorità contemporanee che vestano adeguatamente la sua voce e la sua forza.

Intanto, per non far sentire troppo il distacco con gli altri anni, sono le 23 in punto e suona ancora solo il 5° big (sui 12 in totale della prima serata), Max Gazze abbigliato da Leonardo Da Vinci, con IL FARMACISTA. Il buon Max è innegabilmente un raffinato esploratore di suoni e melodie: certo è che la sua cifra d’autore lo porta a fare sempre la stessa canzone, anche se la fa sempre benissimo: la sua canzone sanremese mescola FRANKENSTEIN JR ed elettronica, ma sarà dura distinguerla dalle sue altre (belle eh!!) cose.

Amadeus si alterna con la bella e brava e fresca Matilda De Angelis e con Ibra che celentanizza ai limiti del plagio, passando anche per il primo “quadro” di Achille Lauro che imperterrito continua a scimmiottare David Bowie e Renato Zero, aggiungendo pruderie varie e un accento romanesco malamente esposto: ma Ama fila dritto anche quando deve fronteggiare il primo “caduto”, ovvero quell’Irama in quarantena sostituito all’ultimissimo secondo da Noemi con GLICINE. Lei bella brava e raffinata (e ringiovamita di almeno 10 anni, sembra tornata ai suoi esordi ad X-Factor epoca raidue) la canzone un po’ meno, e un po’ troppo piana.

Molto meglio Madame, che porta l’urban in gara con la sua VOCE, testo ricercato e ottimo tappeto musicale; e se dopo 53 minuti, quasi alla mezzanotte, sono solo altri 3 I cantanti passati in gara arrivando a 7, ecco che anche i Maneskin con ZITTI E BUONI usano Bowie come nume tutelare. Il pezzo invece è bello: non originale e irrisolto nel ritornello, ma efficace. Ancora meno incisivo Ghemon, perché MOMENTO PERFETTO è un funk-pop irrigidito nel suo scorrere senza peso.

La formula vincente di Amadeus fa quindi bis in una prima serata con più che una manciata di belle canzoni che però si avvicina forse troppo ad un format da varietà piuttosto che a concorso canoro, invece centrale lo scorso anno. Probabilmente sarà voluto, per dare ritmo e supplire alla mancanza di pubbluco: ma sta di fatto che le quattro ore scorrono troppo lentamente e canzoni anche molto belle affogano in un mare magnum di proposte. Ma magari si aggiusta il tiro, eh.

(in attesa della seconda serata, un saluto a tutti quelli che iosanremononlhomaivistoenonlovedo e poi inondano di post Facebook)

 

(un saluto a tutti quelli che iosanremononlhomaivistoenonlovedo e poi inondano di post Facebookin attesa della seconda serata, )


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