Il capo della Chiesa e un ateo: apparentemente una distanza siderale, che si annulla grazie alla curiosità e apertura al dialogo da parte del primo e alla profonda stima che sconfina in ammirazione da parte del secondo. Ecco allora che nasce e si consolida un rapporto speciale tra Papa Francesco ed Eugenio Scalfari – morto oggi a 98 anni -, un dialogo personale che spesso si trasforma anche in occasione professionale per lunghe interviste e resoconti di visite e telefonate, ripetute nel tempo.
Una amicizia che cresce nel tempo e nelle frequentazioni, con diversi incontri in Vaticano come due vecchi ‘compagni’ che invece si conoscono da breve tempo ma si ‘prendono’ subito. E che inizia con il ‘botto': l’intervista – in realtà un dialogo non registrato e dunque non ufficiale ma sufficientemente ufficioso – al Papa eletto da pochi mesi, il primo gesuita, il primo a scegliere di chiamarsi Francesco, il primo pontefice chiamato dalla destra conservatrice americana, politica, finanziaria e anche ecclesiale, persino a doversi difendere dall’accusa di essere un ‘comunista’.
Un Papa, a colloquio con un intellettuale e icona del giornalismo come Scalfari, che comunista dal punto di vista ideologico non è mai stato ma che nell’evoluzione in senso socialdemocratico o liberal-socialista del Pci ha sempre creduto e per la quale si è spesso impegnato, in prima fila.
“Così cambierò la Chiesa” è il titolo che campeggia a tutte colonne sulla prima pagina di ‘Repubblica’. Eugenio Scalfari racconta il suo stupore per quella “telefonata che non dimenticherò finché avrò vita” di qualche giorno prima: “Squilla il telefono e la voce agitata della mia segretaria mi dice ‘Ho il Papa in linea’. Resto allibito mentre dall’altro capo del filo la voce di Sua Santità dice ‘Buongiorno, sono Papa Francesco’. Sono sconvolto”. E fissano un appuntamento, “in un orario forse un po’ scomodo, le tre di pomeriggio” quasi si scusa Jorge Mario Bergoglio, nella domus di Santa Marta in Vaticano, dove qualche giorno dopo il Pontefice riceve il giornalista, “in una piccola stanza spoglia, un tavolo e sei sedie e un quadro alla parete”.
E’ l’inizio di un rapporto che non si interromperà più, che produrrà altre interviste, ricostruite e sintetizzate da Scalfari nel loro significato essenziale, mai smentito nel nocciolo delle questioni anche se con qualche distinguo da parte dell’ufficialità vaticana, in un ambiente dove le parole sono pietre, come quella su cui Cristo ha inteso fondare la sua Chiesa. “Qualcuno dei miei collaboratori che la conosce mi ha detto che lei tenterà di convertirmi”, scherza il Papa. E Scalfari di rimando: “Anche i miei amici pensano che sia Lei a volermi convertire…”.
Non accadrà nessuna delle due cose, ovviamente. Ma l’attenzione alle posizioni della Chiesa e alle parole di Papa Francesco da parte di Eugenio Scalfari testimonieranno un ‘Dialogo tra credenti e non credenti’ – divenuto anche il titolo di un volume – definito come l’incontro possibile e ‘certificato’ tra una fede autentica e una sana laicità.
(di Enzo Bonaiuto)