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28 novembre 2015

News

Scuole calcio: uno su cinquemila ce la fa


«Sogni di cuoio», così due bravi giornalisti di Repubblica (Intorcia e Carotenuto) definivano tempo fa in una bella inchiesta i sogni dei bambini, le centinaia di migliaia di bambini che ogni anno frequentano le scuole calcio italiane.
«Ogni anno almeno in 300.000 cominciano, solo uno su 5.000 riuscirà ad esordire in serie A (qui a Lamezia manco in Promozione, ndr), … il business delle scuole calcio, oltre 7 mila in Italia, quasi quante le scuole medie. Si dividono in tre fasce, le rette variano da 300 a 900 euro, e garantiscono ai gestori ricavi a molti zeri … agli istruttori basta il diploma di terza media, un corso di 80 ore, una tesina e un test finale».

Un istruttore di Scampia, uno di frontiera, così raccontava: «Ai ragazzi meno bravi non bisogna bruciare i sogni, ma neppure alimentare facili illusioni, e bisogna insegnare loro che nella vita c’è altro: lo studio, il lavoro, essere cittadini migliori. E’ legittimo sperare ma i bambini vanno protetti, prima di tutto da madri e padri che quasi cercano il riscatto della loro vita attraverso i figli, oltreché dai tanti personaggi che si aggirano per i campi spacciandosi per agenti Fifa, osservatori delle grandi squadre».

Alcuni giorni fa il derby fra i pulcini della Juve e quelli del Toro, non due squadrette qualsiasi, è finito a cazzotti tra genitori, i famigerati genitori ultrà che imperversano in tutti i campi d’Italia e che hanno portato uno come Paolino Pulici, il mitico Puliciclone dell’ultimo scudetto marca Toro, nonché responsabile del settore giovanile granata, ad uscire con una frase shock del tipo: «Sogno di allenare una squadra di orfani», tanto ne ha le scatole piene di tali gazzarre.

Fare di tutti i genitori un fascio, così come delle scuole calcio non va bene. Ci sono genitori e genitori, e ci sono scuole calcio e scuole calcio; ogni realtà cammina su gambe che la caratterizzano, nel bene e nel male. Ci sono allenatori valenti nell’insegnare calcio, un po’ meno nell’approccio con un materiale così delicato come i bambini e gli adolescenti.
E ci sono mister non proprio referenziati ma che hanno una delicatezza, una sensibilità nei confronti dei giovani atleti, oltreché pazienza e spirito di sacrificio encomiabili. Magari un mix dell’uno e dell’altro non guasterebbe.

La cosa più difficile da gestire sono le sconfitte, specie se si milita in una squadra deboluccia e queste si ripetono quando si affrontano squadre più organizzate e competitive che giocano solo per vincere. Ebbene lì è importante l’intervento congiunto di allenatori e genitori, perché altrimenti si mortificano ragazzi che, sol perché non calciano bene di collo piede o perché non sanno fare una diagonale, si sentono figli di un Dio minore, anche se sanno suonare uno strumento ed a scuola sanno matematica e italiano alla grandissima.

Ho visto un bambino, qui a Lamezia Terme, esultare come un esagitato, alla pari dei suoi sguaiati idoli televisivi, dopo aver segnato il nono o decimo gol a una squadra di oratorio, tra l’altro la sua ex squadra, insieme a genitori e staff, senza che nessuno lo prendesse da un orecchio e gli imponesse di chiedere scusa.

Mi sono permesso di farlo notare ad uno dei Mister, che mi dicono pure ben referenziato e pieno di attestati, ma mi ha risposto che non bisognava spegnere il suo entusiasmo.
E come ti permetti a contraddire uno così!
Tonino De Sensi


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