Sharon Verzeni, Sangare e l'omicidio per capriccio: ha scelto il bersaglio più debole
3 settembre 2024

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Sharon Verzeni, Sangare e l’omicidio per capriccio: ha scelto il bersaglio più debole


Moussa Sangare ha ucciso Sharon Verzeni dopo aver scelto “il bersaglio più vulnerabile”. Ha commesso l’omicidio, tra il 29 e il 30 luglio, “in maniera casuale, capricciosa”. E lo ha fatto in uno stato mentale “totalmente integro”. E’ la gip del tribunale di Bergamo, Raffaella Mascarino, a tratteggiare nella sua ordinanza di 39 pagine il quadro dell’omicidio compiuto dall’uomo di 30 anni che ha accoltellato la barista 33enne a Terno d’Isola e che ora è in carcere.

Sangare ha vagato per oltre mezz’ora per i paesi della Bergamasca prima di scegliere “il bersaglio più vulnerabile” dopo una serie di tappe: prima minaccia due ragazzini, poi prende di mira una persona col computer a bordo di un’auto nel parcheggio del cimitero di Chignolo d’Isola, poi punta un altro uomo che definisce “un pelato”. Quindi si concentra su un uomo che stava fumando una sigaretta, poi fa una prova di sgozzamento su una statua di donna a Terno d’Isola e infine vede e sceglie di colpire Sharon Verzeni, l’unica donna incontrata sulla sua strada.

L’assassino reo confesso cercava il “bersaglio giusto, alla fine individuato nella povera
Sharon Verzeni, una “donna sola”, che lui descrive “come intenta a guardare le stelle”. La vittima è stata uccisa “nella più totale assenza di qualche comprensibile motivazione, in maniera del tutto casuale, assolutamente gratuita, per non dire addirittura capricciosa”. Sangare “aveva architettato come passatempo quello di lanciare coltelli a una rudimentale sagoma di cartone, con apposto alla cima un cuscino su cui era disegnato un volto umano” e secondo il Gp è stato “assalito dal desiderio di provare realmente emozioni forti, in grado di scatenare nel suo animo quella scarica di adrenalina che ha cercato di descrivere, seguita da uno stato di benessere e relax”.

Per il gip, il killer era in uno stato mentale “pienamente integro”

E’ legittimo interrogarsi sullo stato mentale dell’uomo, ma – evidenzia il Gip – “la lucidità mostrata nell’adottare tutta una serie di accorgimenti sia nei momenti precedenti al delitto, come l’aver vagato in giro fino a incontrare il bersaglio più vulnerabile, e in quelli immediatamente successivi”, quando sfreccia in bicicletta, sceglie strade secondarie, perde il berretto che aveva in testa e torna indietro a recuperarlo, e “anche gli accorgimenti dei giorni seguenti”, quando nasconde coltello e indumenti, cambia capigliatura e modifica la bicicletta, “evidenziano uno stato mentale pienamente integro“.

Dettaglio non trascurabile: Sangare “è stato portato in psichiatria subito dopo l’ingresso in carcere e non è stata rilevata alcuna traccia di patologia psichiatrica né remota né recente”.

L’interrogatorio

Non passano inosservate nemmeno le parole pronunciate da Sangare durante l’interrogatorio nel carcere di Bergamo, da cui verrà trasferito per motivi di sicurezza visto il clima di tensione nell’istituto penitenziario. “Purtroppo è capitato, è passato un mese, piangere non posso piangere, non ti puoi buttare giù altrimenti non ti rialzi più”, ha detto rispondendo alle domande e sottolineando che in quello che ha fatto “c’era anche una zona di comfort”.

L’uomo non si è nemmeno sbarazzato del coltello in maniera definitiva: “Non l’ho buttato nel fiume perché ho pensato che avrei potuto trovarlo ancora lì” ha risposto al gip che gli chiedeva come mai lo abbia sotterrato sulle sponde dell’Adda, mentre gli altri tre li ha buttati nel fiume. “Volevo tenerlo per avere memoria di quello che avevo fatto, come un ricordo”.

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