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27 gennaio 2019

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Shoah. Terezìn, il ghetto dei bambini. L’incredibile storia dell’arte nata nel filo spinato del campo “modello”


Esiste una singolare collezione di disegni e poesie conservata nel Museo Ebraico di Praga, la più grande raccolta d’arte infantile che conta 4.387 originali realizzati dai cosiddetti bambini di Terezín, circa quindicimila ragazzi ebrei che tra il 1941 e il 1945 hanno vissuto nell’omonimo campo di concentramento nella Repubblica Ceca.

Erano bambini arrivati dai ghetti dell’Europa dell’Est, dove la persecuzione da parte dei nazisti era iniziata da alcuni anni con le Leggi anti-ebraiche. Tra loro c’erano anche piccoli arrivati dagli orfanatrofi e bambini che nacquero lì: i nuovi nati furono 250 bimbi.

A Terezín i bambini “vivevano” con le loro famiglie in una situazione dove c’erano poco cibo e molte malattie. Ma il campo aveva una particolarità, cioè quel luogo doveva servire alla propaganda nazista per mostrare un “ghetto modello”. Per questo a Terezín vennero portati intellettuali, artisti, musicisti che spesso venivano usati per mostrare la falsa benevolenza di Hitler verso gli ebrei. Quando nel 1944 la Croce Rossa visitò il campo, i nazisti organizzarono persino una rappresentazione musicale mettendo in scena un’opera.

Ma se oggi abbiamo ancora più di quattromila disegni fatti da questi bambini, è grazie al lavoro che gli adulti del campo avevano fatto in maniera clandestina, con i ragazzi, per dare loro la sensazione di vivere una vita il più “normale” possibile.
Nonostante l’educazione scolastica dei bambini ebrei fosse vietata fin dai tempi dell’editto del 1940, che proibiva ai piccoli di frequentare la scuola, nel ghetto si ottenne il permesso di insegnare il disegno, il canto, l’artigianato. A queste materie fu man mano aggiunto, per quanto illegalmente, l’insegnamento delle lingue, della letteratura, della storia e dei fondamenti delle scienze naturali. In questo modo i bambini di Terezín ricevettero una formazione di prima qualità, poiché molti dei loro insegnanti, detenuti nel ghetto, erano tra i migliori scienziati e artisti dell’epoca.

A far disegnare i bambini fu FriedlDicker-Brandeis, artista austriaca, deportata nell’autunno del 1944 ad Auschwitz. Lasciò due valigie piene di disegni eseguiti dai bambini: nascosti in una delle aule del campo, nel maggio del 1945, furono portati al museo ebraico di Praga dove sono tutt’ora custoditi.

I disegni realizzati a Terezin rappresentano la vita, era l’unico modo per evadere: c’era la volontà di fuggire dalla realtà. I bambini erano seguiti e anche i disegni erano suggeriti dagli educatori. La farfalla, per esempio, è uno dei disegni più famosi e mostra la libertà.

Ma dove trovavano i colori, la carta? Tutto arrivava in maniera clandestina, c’era persino un giornalino dei ragazzi. Si chiamava Vedem e venne realizzato da Petr Ginz, autore di racconti, con un gruppo di ragazzi. Per due anni riuscirono persino a pubblicarlo ogni settimana.

I bambini di Terezin sapevano esattamente dov’erano. Non sapevano cosa li aspettava, ma avevano la consapevolezza di essere in guerra: prima di arrivare al campo avevano vissuto l’esperienza del ghetto, la discriminazione, la negazione dei loro diritti che è iniziata molto prima di Terezin, con le leggi anti ebraiche. A tutelarli sono stati questi meravigliosi adulti artisti, musicisti, intellettuali.


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