Massoneria
3 marzo 2017

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Sinistra Italiana: politici calabresi dichiarino loro appartenenza a logge prima della pubblicazione degli elenchi


Come spesso accade in Italia, magistratura e commissioni speciali devono sopperire ai vuoti e ai silenzi della politica.

Il sequestro che sta avvenendo in questi giorni degli elenchi degli iscritti alle logge massoniche di Calabria e Sicilia dal 1990 ad oggi, disposto dalla Commissione Nazionale Antimafia, segna uno snodo cruciale per contrastare quel potenziale intreccio criminale tra logge massoniche deviate, ‘ndrangheta, politica e imprenditoria già emerso da varie inchieste della Magistratura.

Sia ben chiaro: le logge massoniche che operano nella legalità e nella trasparenza non hanno nulla da temere da questo provvedimento che punta solo a fare chiarezza.

Non vogliamo entrare nel merito delle scelte personali di appartenere a logge massoniche, pur essendo fortemente contrari a forme di associazionismo con «vincoli di fratellanza» che possono condizionare negativamente fino a svuotare di fatto l’imparzialità e la trasparenza dell’azione amministrativa.

Il punto fondamentale, su cui sono concordi la legge, la giurisprudenza e l’etica pubblica, è un altro: se si è iscritti a logge massoniche e si rivestono cariche pubbliche o istituzionali, bisogna dichiararlo.

E le logge della massoneria, come tutte le associazioni, devono rispettare la legge che vieta ogni forma di segretezza dei propri iscritti. Siamo di fronte a una palese violazione della legge, in particolare della cosiddetta legge «Spadolini – Anselmi» che, ricordiamo, considera vietate quelle associazioni che «rendono sconosciuti in tutto o in parte o anche reciprocamente i soci».

Ancora una volta, diciamo grazie alla Magistratura e alle Forze dell’Ordine tutte che in particolare con le operazioni dell’estate scorsa, Reghion, Mammasantissima, Alchimia e Frontiera condotte dalle Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria e Catanzaro, hanno fatto «saltare il tappo» di un sistema malato, fatto di connivenze e complicità che da troppo tempo tiene sotto scacco la stragrande maggioranza dei cittadini calabresi onesti.

E’ grazie al loro lavoro che oggi si è giunti ad adottare questo provvedimento.

Di fronte a una presa di posizione così drastica da parte della commissione parlamentare, che davanti al rifiuto da parte delle logge di fornire spontaneamente i nomi dei propri iscritti ha deciso di procedere con il sequestro, la politica e la società civile calabresi non possono come al solito far finta di niente. C’è bisogno di uno scatto d’orgoglio e di trasparenza.

Prima che gli elenchi vengano resi pubblici, tutti i rappresentanti istituzionali calabresi, dai consiglieri agli assessori comunali, dai consiglieri regionali al presidente della Regione e alla sua giunta, i sindaci, dovrebbero dichiarare subito la loro eventuale appartenenza a una di queste logge.

Sia per primo il presidente Oliverio, e poi la sua giunta, a rompere il ghiaccio. Siamo certi che il presidente della Regione e i suoi assessori non abbiano nulla a che fare con la massoneria: ma il loro sarebbe un importantissimo gesto simbolico per aprire questo fronte affinchè finalmente si faccia chiarezza.

E’ bene ricordare il quadro da cui è scaturita questa decisione della commissione antimafia e da cui, come mi auguro, deve emergere un sussulto di responsabilità da parte della politica calabrese.

Citiamo solo alcuni esempi. A gennaio di un anno fa, da alcune inchieste condotte dai magistrati della Dda di Reggio Calabria e Catanzaro, emergeva uno scenario estremamente pericoloso per quanto riguarda i rapporti tra logge massoniche, ‘ndrangheta e politica in Calabria: uno scenario in cui si profilano «logge massoniche, magari sfuggite al controllo della fratellanza universale, che fanno da punto di ritrovo per rapporti e sinergie inconfessabili tra mafiosi, politici e rappresentanti delle istituzioni», e il cui potere sarebbe tale da influenzare, tra le altre cose, le nomine all’interno dei consigli di amministrazione degli enti pubblici.

E lo stesso Amerigo Minnicelli, maestro del Goi espulso dopo le sue denunce sulle infiltrazioni mafiose nelle logge calabresi, in un’intervista a un organo di stampa denunciava la crescita estremamente rapida e anomala della massoneria in Calabria, crescita a cui secondo Minnicelli avrebbero contribuito «non pochi personaggi poi coinvolti in varie inchieste spesso di ‘ndrangheta».

E ancora il Procuratore di Reggio Calabria Cafiero De Raho, commentando le inchieste della scorsa estate, parlava di «un ulteriore sviluppo del quadro ‘ndranghetistico-massonico che figura in provincia di Reggio Calabria» dal quale emerge che «la mafia calabrese si caratterizza per la presenza di una struttura direttiva occulta che «alleva» i referenti in seno alle istituzioni, determinando l’elezione di uomini di fiducia in diverse fasi elettorali».

Di fronte a un quadro del genere, che cosa aspettiamo come politica calabrese a tutti i livelli a compiere un atto di responsabilità?

In questo senso, dichiarare ora la propria eventuale appartenenza a una di queste logge, prima che tutto venga reso pubblico dalla commissione antimafia, è un atto che restituisce credibilità alla politica e alle istituzioni della nostra Regione e risponde a quel dovere di chiarezza e verità verso i cittadini. Nel nome di un interesse generale che vale più di qualsiasi privato vincolo di fratellanza.

I cittadini calabresi hanno il diritto di sapere da chi sono amministrati.
Comitato regionale Sinistra Italiana Calabria


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