“L’Occidente oggi ha un problema grande a livello generale: la mancanza di leadership adeguate ai momenti difficili che stiamo vivendo. Nel mondo ci sono sessanta guerre in corso e questo problema investe tanto l’Europa quanto gli Stati Uniti. Nel sottotitolo del libro si evidenzia il concetto di traversata del deserto, che ho trovato veramente ben espressa da parte di Funiciello nel racconto dei 27 anni in carcere di Mandela, che è divenuto prima leader e poi uomo libero”. Queste le parole del direttore de Il Sole 24 Ore Fabio Tamburini, a margine della presentazione del libro ‘Leader per forza. Storie di leadership che attraversano i deserti’, tenutasi presso Palazzo Wedekind (Piazza Colonna) in un evento organizzato da Icch.
“Leggendo la storia dei leader del passato possiamo capire come venirne a capo e possiamo facilmente comprendere come tanti grandi leader siano nati tra i banchi di scuola e nelle università. Che fine hanno fatto le scuole di partito? Dove si riscontra oggi il criterio di selezione della nostra classe dirigente? Il secondo fenomeno, non banale, legato alla caduta del Muro di Berlino, è quello del fatto che sia venuta meno la necessità di fare fronte comune per arginare un nemico percepito come grande e temibile. L’esempio italiano lo vediamo in Craxi e Andreotti, che si sono eclissati una volta che è venuta meno la loro utilità come leader a livello internazionale. Tornando alle caratteristiche che dovrebbe avere un buon leader, ne evidenzio due: spessore culturale e carisma sono i due elementi che, se sommati, ne danno la statura. La drammatica carenza di figure attuali di questo tipo riflette nella politica quello che capita nella società civile. Non esprimiamo più le leadership di una volta anche a livello di mestieri e professioni. Questo probabilmente nasce dal fatto che la conoscenza si sia parcellizzata. Conosco avvocati che sono straordinari nel loro specifico settore, ma che non sanno essere uomini di mondo”, ha affermato il direttore Tamburini.
“Mi è capitato di aver conosciuto Mario Draghi prima che gestisse in maniera continuativa un potere importante e ritrovo quel che videro al tempo i miei occhi nel libro di Funiciello. Draghi era una persona ben nota alle cronache per le privatizzazioni degli anni ‘90, ma non era ancora un leader riconosciuto come sarebbe diventato in futuro. Già da allora prometteva bene e i fatti hanno dimostrato che queste promesse sarebbero state mantenute”, ha concluso il direttore de Il Sole 24 Ore.