TEATRO. Innesti Contemporanei: la rassegna di Nastro di Möbius torna a Borgia. Il programma
«Un viaggio itinerante sulla nuova drammaturgia a Borgia»
Proseguono gli appuntamenti di Innesti Contemporanei, dopo una prima trance di spettacoli svolti presso la nuova Sala Teatrale Confine Incerto a Roccelletta di Borgia, e presso l’Arena Mobius con lo spettacolo “Nei Secoli Fedele” a cura del Lighthouse e Teatro del Carro, la rassegna di teatro e arti performative ideato dall’associazione Nastro di Möbius arrivato alla IX edizione animerà ancora il borgo di Borgia dal 30 giugno, attraverso il teatro per famiglie e di drammaturgia contemporanea e installazione d’arte a cura del duo Zingarello/Pujia, un progetto che nasce per innestare sul territorio buone pratiche culturali, partendo dalla circuitazione di spettacoli teatrali dedicati alle famiglie e alla nuova drammaturgia, per continuare una programmazione teatrale a Borgia, confermando il suo elevato fermento culturale.
Un progetto fortemente voluto dall’amministrazione comunale di Borgia guidata dal sindaco Elisabeth Sacco, che ha deciso di promuovere la rassegna teatrale “Innesti contemporanei”, prodotta dall’Associazione Nastro di Mobius. L’amministrazione comunale, attraverso l’assessorato alle politiche culturali, delega in capo dall’Assessore Virginia Amato, intende realizzare un serio circuito in cui tutte le arti e gli artisti possano mescolarsi in modo fluido ed omogeneo per lasciare un’impronta sul territorio comunale. Ogni artista, dichiara Amato, con la propria capacità di espressione e di tecniche e metodi di applicazione del proprio talento, può lasciare una traccia e, nel caso specifico, una morale da consegnare ed affidare ad altri con la speranza che si riesca a trovare la forza di trasmutare il negativo in positivo. Innesti Contemporanei è un progetto co-finanziato dal PSC Piano di Sviluppo e Coesione 6.02.02 erogate ad esito dell’Avviso “Distribuzione Teatrale” della Regione Calabria – Dipartimento Istruzione Formazione e Pari Opportunità – Settore Cultura” e con il sostegno dell’Assessorato alle politiche culturali del Comune di Borgia.
Con: Claudio Massimo Paternò e con Ingrid Monacelli
Figure animate:Ada Mirabassi
Produzione: MTTM – Micro Teatro Terra Marique – APS e Tieffeu – Teatro di Figura Umbro
Dove va a finire l’acqua che noi non beviamo? Da questa semplice domanda parte il meraviglioso viaggio di una formica dalla sorgente di montagna, fino al mare. Nel percorso scoprirà cosa sono i ruscelli, i torrenti, le cascate, i fiumi e i laghi. Ne conoscerà i pericoli e comprenderà come poter superare le difficoltà. Imparerà a contare su sé stessa, ad essere più sicura dei propri mezzi, a risolvere i problemi. Trasformerà l’impossibile in possibile e alla fine… riuscirà ad avverare il proprio sogno di vivere per sempre nel mare come un pesce..
Gli oggetti, i burattini, le marionette e le scene sono state completamente costruite e dipinte a mano dallo stesso burattinaio.
Durata: 60′ circa.
“Storie di pezza” è uno spettacolo teatrale messo in scena attraverso li teatro di figura.
Burattini, marionette, muppet ed ombre cinesi raccontano otto storie che appartengono a tradizioni diverse, universi distanti ma paralleli tra loro.
Le suggestioni, le emozioni trasmesse dagli stessi pupazzi si avvalgono delle tecniche di manovra più antiche del mondo per trasportare lo spettatore in un viaggio nel quale le storie di un simpatico vecchietto si intrecciano con leggende orientali, fiabe fantasy, racconti regionali che hanno come scopo quello di analizzare la vita in tutte le sue sfaccettature. In questa varietà di mondi e di racconti 1protagonisti delle storie appaiono come specchio dell’umanità e in egual modo, mossi dal bisogno di sorridere, amare e riflettere insieme
Angelo Gallo è un Mastro Burattinaio, regista e attore di teatro di figura. Ha vinto nel 2014 il premio internazionale “n OTELLO SARZI”, 2023 ha vinto il Premio Internazionale Città di Gioacchino Da Fiore. Con i suoi burattini e i suoi pupazzi ha varcato le soglie dei più prestigiosi Festival e teatri del panorama nazionale ed europeo.
VENERDI’ 12 LUGLIO – ORE 19:00 PALAZZO MAZZA BORGIA
IL DIO DELLE BLATTE
di Davide Miccione e Gerri Cucinotta
Regia Roberto Zorn Bonaventura Con Gerri Cucinotta
Scenografia Daniela Cornelio Produzione Castello di Sancio
“Noi abbiamo i maiali, i cani le galline che lavorano al nostro servizio. Loro hanno gli uomini…per capirle dobbiamo metterci alla loro altezza e quando arriverà il momento, il dio delle blatte, mostrerà maggiore compassione”.
Che cos’è una casa? Qualcosa che ci aiuta a stare al mondo o che ci separa da esso?
Averne una e sempre importante anche se non hai nessuno che valga la pena di ritrovare dentro oppure è l’ultima delle nostre illusioni? Scavando dentro le nostre sicurezze la voce di un uomo ci svela il nostro rapporto con l’amore, l’amicizia, il nostro rapporto con gli oggetti e con lo sguardo altrui, con la distruzione climatica e il sesso online, con il passare del tempo e i “ragazzi delle pizze”. Nel racconto tutto muta dinnanzi a noi, si fa grottesco e poetico, in attesa di manifestarsi nella rivelazione finale. In un monologo al contempo filosofico e cabarettistico, sfrontato e pudico si svela cosa si vede della nostra vita contemporanea quando si è disposti a vederlo, cosa si scorge stando discosto, cambiando prospettiva, assumendo uno sguardo altro, uno sguardo persino non del tutto umano, e che forse è ormai necessario per poterci riguadagnare la nostra piena umanità.
VENERDI’ 19 LUGLIO – ORE 19:00 PALAZZO MAZZA
SPINE
TESTO E REGIA
Massimo Barilla
Salvatore Arena
CON
Stefania De Cola
Mariano Nieddu
Lorenzo Praticò
SCENOGRAFIE
Aldo Zucco
MUSICHE ORIGINALI
Luigi Polimeni
Tre solitudini, tre solitudini mischiate alla pena. Un girotondo di
perdenti. Triangolo di solitudini, in un rettangolo di storia.
Personaggi che sembrano fantasmi: si muovono come le foglie degli
alberi di notte. Un racconto a più voci, intessuto di urla gridate
sottovoce.
Tre personaggi – ombre in una locanda senza avventori, ripetono
ossessivamente una storia che – loro dicono – li ha attraversati e li
ha resi testimoni per sempre.
La storia di un’ubriacatura, di un ferimento, di un Cassio degradato e
di un poco nobile Otello.
“E Desdemona ? Cosa ne è di Desdemona ?”
Ma questo non è che un pretesto, come in un metateatro scalcinato,
per giocare a essere ancora qualcosa, qualcuno, in un riflesso di
specchi e di identità: Lucio, il Capitano/Otello; la ruvida e seducente
ostessa Magdalena/Desdemona; l’oscuro e multilingue Becchino/in
parte Cassio e in parte Iago.
Solo un pretesto, una ricerca al buio, un tentativo inesperto – e per
questo incurante di sconfinare di tanto in tanto nell’eccesso della
farsa o del melodramma – di riconquistare ancora un tempo, un
respiro, un corpo, una carne da risanare, per liberare l’anima dalla
loro di storia irrisolta, dal loro sfuggire a se stessi, dal loro eterno
tentativo di svelamento del dramma celato che li abita.
Spine nasce da una necessità espressiva. Dall’esigenza di
confrontarsi con una storia alta a partire dai margini, dai vuoti
non raccontati, dalla volontà di indagare strade normalmente
ignorate, sia in termini di drammaturgia che di ricerca linguistica.
La lingua è strumento mobile, dominata dall’uso e dalla funzione,
nella quale il “significante” si trasforma, assume colori e suoni nuovi,
spiazzanti, ma sempre ai fini di un rafforzamento di “significato”,
mai per se stessi, mai per pura ostentazione o funambolismo
linguistico. I dialetti, le lingue anzi, si mescolano. Sardo, siciliano, calabrese
(non per caso lingue madri degli attori), disposti a un uso alto, sanno
di vita, mai di quotidiano. Nell’area rimane questo impasto strano di accenti e di lingue, che
ha il suo culmine nella parlata del becchino, mescolanza inventata,
non lingua dei porti, ma dei morti, zeppa di ultime parole a essi
rubate, dai loro denti disincastrate (francesismi, inglesismi, spagnolismi,
germanismi riutilizzati più per fascinazione di suono che di senso).
VENERDI’ 26 LUGLIO ORE 19:00 PALAZZO MAZZA
U FIGGHIU
c o n A n n a M a r i a D e L u c a, F r a n c e s c o G a l l e l l i , C l au d i o R o m b o l à
regia e drammaturgia S a v e r i o Ta v a n o
Produzione T e a t r o d e l C a r r o
Premio teatro del Sacro 2019
E’ il giorno di Pasqua, è sera, e tutta la gente del paese è tutta riversata in piazza, borbotta: “hanno rubato la corona di spine dalla statua della Passione di Cristo!”. L’ha rubata Saro, il figlio di Nino e Concetta. Saro è un ragazzo schizofrenico, si è serrato in casa lasciando all’esterno anche i propri genitori, si è appropriato della corona di spine, convinto di essere egli stesso la reincarnazione di Gesù Cristo. Nino e Concetta aspettano dinanzi il portone, attraverso il loro dialogo si entra nel loro mondo, fatto di sacrifici, abnegazioni, sopportazioni, sopratutto da parte della madre Concetta che nonostante il dolore dato dall’ipocrisia e dal giudizio della gente del paese, sostiene con amore misericordioso la purezza, quasi divina, che risiede nella follia del figlio, con un’accettazione che solo una madre può avere nei confronti di un figlio che soffre di una malattia mentale, solo la madre riconosce la purezza del figlio e solo il figlio riconosce il richiamo della madre, che ristabilirà la quiete nel paese.
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