Zelensky si infuria, Putin apprezza. Il piano di pace per l’Ucraina firmato Elon Musk, diffuso e oggetto di un sondaggio via Twitter, fa discutere. E le parole del portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, sono le più significative. “Il fatto di per sé è molto positivo”. Ma il fatto, di per sé, è il centro del problema. Perché un imprenditore, miliardario e visionario per carità, si sente in diritto o in dovere di proporre un piano di pace?
Prima ancora che la sostanza, il patron di Tesla suggerisce a Kiev di cedere la Crimea e di tenere un nuovo referendum nel Donbass sotto la supervisione dell’Onu, è la forma che non convince. La situazione è talmente complessa e delicata che i capi di Stato e anche i più grandi esperti di geopolitica faticano a esprimersi. Perché allora semplificare, fino a banalizzare, con una consultazione via social network su uno schema che inevitabilmente è un’approssimazione? Impossibile non essere strumentalizzato, da una parte o dall’altra.
Non solo il piano è discutibile, per definizione, perché Musk non ha gli strumenti per proporre una soluzione. La scelta di sottoporlo al giudizio degli utenti di Twitter fa riemergere tutti i dubbi legati alle reali intenzioni che lo hanno spinto a fare un’offerta per rilevare il social network, salvo poi rinnegarla, tentando di trovare una via d’uscita per non perdere troppo denaro. Escluso che si tratti semplicemente di appagare la propria vanità, deve esserci un disegno più ampio, che coinvolge il controllo e la manipolazione dell’opinione pubblica.
Musk ritiene che possa avere un peso costruire consenso su un piano di pace per l’Ucraina delineato a forza di cinguettii. Peccato che neanche quello sia arrivato. Perché, anche se è del tutto secondario, il popolo di Twitter si è anche espresso contro. Alla fine potrebbe ridursi tutto alla conclusione, sempre abusata, che sia stata una provocazione. Tutto, nell’attesa che Elon Musk torni a fare il suo mestiere. Che fino a prova contraria non gli riesce neanche male. (di Fabio Insenga)