I capi di Stato e di Governo dell’Ue oggi a Bruxelles si confronteranno su un ventaglio ampio di temi. Nessuno è particolarmente ostico, sulla carta, ma l’agenda è carica, perché sono numerosi. Le occasioni di discussione tra i leader non dovrebbero mancare. L’ultima bozza delle conclusioni, che è ancora suscettibile di cambiamenti, prevede 44 punti, rispetto ai trenta della prima, suddivisi in otto capitoli: Ucraina, economia, sicurezza e difesa, migrazioni, Cina, relazioni esterne, Mediterraneo Orientale e ‘altri temi’. Gli avvenimenti dello scorso fine settimana in Russia con l’insurrezione armata abortita del gruppo Wagner di Yevgeny Prigozhin, non sono formalmente in agenda, ma saranno “l’elefante nella stanza”, spiega un alto funzionario Ue, e di sicuro i leader ne parleranno.
L’agenda prevede l’arrivo dei leader a partire dalle 12, l’inizio del Consiglio alle 13 con un pranzo di lavoro con il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, seguito dal consueto discorso della presidente del Parlamento Europeo, Roberta Metsola. A seguire, i membri del Consiglio discuteranno di Ucraina, con l’intervento in videoconferenza del presidente ucraino Volodymyr Zelensky. A cena, passeranno a parlare di migrazioni e relazioni esterne. Sotto questo capitolo si parla di Tunisia: la firma del memorandum d’intesa annunciato da Ursula von der Leyen con Giorgia Meloni e Mark Rutte, spiega l’alto funzionario, è molto vicino (“Siamo a pochi centimetri”) e sono stati i tunisini a chiedere un po’ più di tempo per studiarlo.
Venerdì mattina, ci sarà la discussione strategica sulla Cina (le conclusioni su questo sono la principale modifica rispetto alla bozza iniziale), seguita da economia, difesa e sicurezza. Non bisogna aspettarsi decisioni particolari, come in tutti i Consigli Europei, ma una serie di indicazioni politiche che faranno da ‘calci d’inizio’ su diversi temi, come la revisione del Quadro Finanziario Pluriennale, la riforma del patto di stabilità, e in generale sul sostegno all’Ucraina al di là del 2023. La revisione del Qfp 2021-27, necessaria anche perché nel 2020 la guerra in Ucraina non era alle viste, prenderà probabilmente spazio nel Consiglio Europeo di ottobre, se non un intero summit straordinario (è già successo per i Qfp, in particolare nel febbraio 2020, a cavallo del ‘paziente zero’ di Codogno).
Sull’Ucraina, in vista anche del summit Nato a Vilnius dove si prenderanno le decisioni sul piano strategico-militare, i leader ribadiscono tra l’altro l’impegno a fornire “un forte sostegno finanziario, economico, umanitario, militare e diplomatico” a Kiev “per tutto il tempo necessario”. Fanno il punto sulle consegne di “un milione di munizioni di artiglieria e missili” all’Ucraina e si sottolinea “l’importanza dei continui sforzi degli Stati membri per contribuire a soddisfare le pressanti esigenze militari e di difesa” di Kiev. Tra l’altro, si legge ancora, il Consiglio Europeo ha fatto il punto sui lavori “in merito ai beni immobilizzati della Russia” e invita il Consiglio a “portarli avanti”. Su questo è possibile che ci sia una discussione, “non so dire quanto animata”, tra i leader, prevede un alto funzionario Ue.
La presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha preannunciato una proposta in merito prima della pausa estiva, probabilmente mirata a mettere a reddito i circa 200 miliardi di euro di asset congelati alla banca centrale russa, usando i proventi (non il capitale) per aiutare l’Ucraina. Alcuni Paesi sono cauti, per validi motivi. Impiegare dei fondi comporta dei rischi, quindi bisogna vedere chi si accollerà le responsabilità in caso di eventuali perdite. Per non parlare delle preoccupazioni per i possibili danni al ruolo internazionale dell’euro: se un bond congelato viene restituito al suo proprietario privato dei rendimenti che ha prodotto nel frattempo, il congelamento si è trasformato in qualcosa di molto diverso. Insomma, quella che sembra una proposta “semplice” ha “parecchi effetti collaterali”.
Una possibilità alla quale si lavora è tassare le società che detengono quegli asset e ne ricavano utili. E’ probabile che si stabilisca di procedere in linea con le decisioni dei partner del G7: se l’Ue dovesse fare una fuga in avanti su questo, rischierebbe ripercussioni sul piano economico. I leader, sui temi economici, dovrebbero fare il punto sui “progressi” compiuti nei settori della “politica industriale, del mercato unico e della competitività e produttività dell’Europa a lungo termine”. Tra l’altro, si sottolinea la necessità di “affrontare rapidamente i rischi e le opportunità degli usi specifici dell’intelligenza artificiale (Ia)” e si invitano Consiglio e Parlamento “a portare a termine tempestivamente i lavori sulla legge sull’Ia”. I colegislatori dovrebbero anche “accelerare i lavori sulle proposte di legge sul Net Zero Industry Act e sulle materie prime critiche”, per raggiungere un accordo prima della fine della legislatura. Invocano inoltre “misure urgenti” per garantire una “produzione sufficiente” dei medicinali e dei componenti più critici in Europa e per “diversificare le catene di approvvigionamento internazionali”.
La ratifica del Mes da parte dell’Italia non fa parte del ‘menu’, né è emerso come tema nei lavori preparatori: non si può escludere che qualche leader ne parli, ma non fa parte dell’agenda. Neppure i rialzi dei tassi d’interesse da parte della Bce ne fanno parte, ma anche questi potrebbero essere menzionati nella discussione. Oltre a fissare per marzo 2024 il riesame dei progressi compiuti per rafforzare la competitività dell’Ue, il Consiglio Europeo sottolinea “la necessità di rafforzare la sicurezza economica e la resilienza dell’Unione e di ridurre le dipendenze strategiche”.
Si invita poi il Consiglio a “portare avanti i lavori sulla revisione della governance economica“, cioè la riforma del patto di stabilità, in vista della “conclusione dei lavori legislativi nel 2023″. Si chiede anche ai ministri “a portare avanti senza indugio i lavori sulla proposta di revisione del Quadro finanziario pluriennale” 2021-27. Si raccomanda l’adozione “rapida” dell’Asap, il piano in sostegno della produzione di armi e munizioni, e si invita la Commissione a presentare una proposta per un “programma europeo di investimenti nel settore della difesa (Edip)”, al fine di “rafforzare la capacità e la resilienza della base industriale e tecnologica di difesa europea”.
In materia di migrazioni, si esprime “profondo dolore” per il naufragio al largo del Peloponneso e, “basandosi sui progressi compiuti finora, il Consiglio Europeo invita a intensificare i lavori su tutti i filoni d’azione e invita il Consiglio e la Commissione a continuare a monitorare da vicino ea garantire l’attuazione delle sue conclusioni”. Il Consiglio Europeo “ritornerà sulla questione se necessario”. E’ possibile che la discussione sulle migrazioni si animi, perché la Polonia è rimasta assai scottata dall’accordo a maggioranza qualificata raggiunto in Consiglio sulla solidarietà obbligatoria (in forme variabili: ricollocamenti, soldi da versare in un fondo gestito dalla Commissione, assistenza tecnica al Paese sotto pressione): si richiama alle conclusioni del giugno 2018, in cui ci si impegnava a procedere per consenso. Ma gli altri Paesi hanno gioco facile e osservano che le conclusioni dell’Euco, come si chiama in gergo il Consiglio Europeo, per quanto autorevoli, non superano i trattati Ue, che su questi temi prevedono la possibilità di votare a maggioranza qualificata. Cosa che a Lussemburgo è avvenuta, mettendo in minoranza Polonia e Ungheria.
Sulla Cina, la discussione tra i leader sarà delicata, dato che le visioni tra i Paesi membri divergono. E’ possibile che ne parlino a porte chiuse, con i telefonini fuori dalla stanza. Nella bozza delle conclusioni, i 27 ribadiscono tra l’altro che Pechino è “simultaneamente un partner, un concorrente e un rivale sistemico”. L’Ue è preoccupata per le “crescenti tensioni nello stretto di Taiwan” e si oppone a “qualsiasi tentativo unilaterale di cambiare lo status quo con la forza e con la coercizione”. Visto che si tratta di una potenza membro permanente del Consiglio di sicurezza, si chiede a Pechino di “spingere la Russia a fermare” la guerra contro l’Ucraina e a “ritirare immediatamente, incondizionatamente e completamente” le sue truppe dal Paese che ha invaso. Si dichiara anche l’intenzione di ridurre le “dipendenze critiche” e le “vulnerabilità”, anche per le catene del valore, riducendo i rischi” e “diversificando”. L’Ue non intende “disaccoppiarsi” né “chiudersi”.
Per le altre relazioni esterne, si parla dei preparativi del vertice Ue-Celac (Comunità degli Stati Latinoamericani e dei Caraibi) del 17 e 18 luglio, che sarà importante perché il primo da otto anni a questa parte, e si condannano gli “episodi di violenza nel nord del Kosovo”, avvertendo che “il mancato allentamento delle tensioni avrà conseguenze negative”, invitando le parti ad impegnarsi per far calare la tensione. C’è un punto dedicato alla Tunisia, sulla quale i leader avranno “un dibattito strategico”. Si accoglie quindi “con favore” il pacchetto di partenariato globale “reciprocamente vantaggioso” che dovrà essere concordato con Tunisi,” basato su cinque pilastri riguardanti lo sviluppo economico, gli investimenti e il commercio, la transizione verso l’energia verde, la migrazione e i contatti interpersonali”. C’è anche un punto dedicato ai Balcani Occidentali, in cui si ribadisce l’impegno “pieno e inequivocabile” alla “prospettiva di adesione” all’Ue per questi Paesi. A volere questo punto sono stati l’Italia e altri Paesi, per controbilanciare le conclusioni sulla prospettiva europea di Ucraina, Moldova e Georgia, ribadita nei punti 11 e 12 della bozza. I Paesi dei Balcani Occidentali, che fanno anticamera da lungo tempo, in misure diverse, temono di vedersi ‘scavalcati’ dai tre Paesi ex sovietici nel processo di adesione all’Ue.