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28 aprile 2021

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UNICAL. La ‘Costituzione tradita’ nel seminario di Barbiana 2040 e Istituto Ciliberto di Crotone dedicato allo studio della Resistenza antifascista e della Carta costituzionale. Gli studenti del Ciliberto scrivono a Mattarella


Il valore etico della Resistenza come sfida ricostruttiva nella quale impegnarsi per rinnovare moralmente e politicamente il Paese, la valenza sociale di una Costituzione che, per la prima volta nella storia d’Italia, ha rifondato lo Stato e ha impegnato la Repubblica a rimuovere gli ostacoli di natura economica, che impediscono ai lavoratori la partecipazione diretta alla vita pubblica e politica, riconoscendone l’uguaglianza sostanziale. Sono questi i temi affrontati, in occasione della festa di Liberazione del 25 aprile organizzata dal progetto Pedagogia dell’Antimafia del Dipartimento Culture, Educazione e Società dell’Università della Calabria e dall’Istituto Ciliberto di Crotone, in collaborazione con la rete delle scuole di Barbiana 2040.

Il webinar “Resistenza e Costituzione a Barbiana fra passato e presente” è stato introdotto da Giancarlo Costabile ricercatore di Storia dell’Educazione all’Unical e Rossella Frandina, docente di Lettere presso l’Istituto Ciliberto di Crotone, che hanno sottolineato la valenza pedagogica e l’estrema attualità di una Resistenza che si fa dignità, giustizia sociale, democrazia. Se la Costituzione, ribadiscono Giancarlo Costabile e Rossella Frandina, ha rappresentato un’avventura straordinaria e una possibilità di realizzazione di uno stato nuovo, a distanza di quasi 80 anni, noi siamo costretti a registrare una sostanziale lontananza del messaggio pedagogico costituzionale rispetto alla realtà della nostra terra, che è una terra di emigrazione, di sofferenza, di mancata giustizia sociale, una terra che ha prodotto un solo fenomeno globale, purtroppo negativo, che si chiama ’ndrangheta.

Ecco perché nessuno meglio di Barbiana, e del modello che rappresenta, può insegnare alla nostra terra, che è una periferia geografica ma soprattutto esistenziale, che dobbiamo trasformare il tempo dell’egoismo nel tempo delle relazioni significanti. Perché solo una società fondata sulla partecipazione cosciente e responsabile, può conferire pienezza ad una democrazia che non sia più solo formale ma sostanziale.

Centrale l’intervento di Edoardo Martinelli, allievo di Don Milani e coautore di “Lettera a una professoressa” che ha sottolineato come la lotta di Liberazione e la Resistenza dovrebbero orientare, oggi più che mai, i nostri comportamenti etici fondandoli su quei valori democratici nati dalla ribellione contro uno stato autoritario e oppressivo quale fu quello fascista.

L’orizzonte normativo che la resistenza disvela, come insegnava don Milani, è, infatti, proprio quella ribellione all’ubbidienza su cui si basavano le istituzioni fasciste. Se il fascismo era stato la negazione della stessa possibilità di scegliere, la scelta partigiana era, prima di tutto, il ritorno a quella possibilità, che neppure il fascismo era riuscito a cancellare.

Il rifiuto, allora, è il principio attorno al quale si consolida una dimensione condivisa: resistere diventa così una esperienza di responsabilità collettiva che permette di superare l’individualità in nome di un registro etico fondato su una scelta sempre condivisa.

Scelta, sottolinea Matteo Costarella, studente del Ciliberto, è una parola semplice ma carica di significato perché, per avere queste libertà, è stato necessario andare contro quel sistema monodimensionale rappresentato dal fascismo. In tutte le sue forme la Resistenza fu un fenomeno di disobbedienza e di opposizione nei confronti di chi in quel momento deteneva il potere, che era prima di tutto il potere delle armi. Scegliere di resistere significa, dunque, ieri come oggi, scegliere di rischiare. Solo partendo da questo presupposto la grande portata storica, culturale e profetica dei valori espressi nella Carta costituzionale si radicalizza in un tempo presente. È l’anima del popolo italiano che genera la Costituzione e che dalla Costituzione è espressa. Anima che don Milani ha tradotto nel principio della responsabilità: “[…] Ognuno deve sentirsi responsabile di tutto”. Egli propone ai suoi ragazzi (ma anche a tutto il mondo) il motto I care, il contrario esatto del motto fascista Me ne frego. I care diventa così il simbolo della Costituzione nata dalla Resistenza al nazifascismo.

Non posso dire ai miei giovani che l’unico modo d’amare la legge è obbedirla, diceva don Milani. Posso solo dir loro che essi dovranno tenere in tale onore le leggi degli uomini quando sono giuste. Quando invece vedranno che non sono giuste essi dovranno battersi perché siano cambiate. Su questa affermazione, dice Alessandra Costarella del team gli Scaricati, si basa il mio concetto di Resistenza ad un sistema per pochi, corrotto e colluso, quale è quello che viviamo in questa terra.

La lista dei diritti negati in Calabria, sostiene Danilo Loprete, studente del Ciliberto, è lunga e le cause, purtroppo, non sono solo da attribuire alla criminalità organizzata, ma anche all’omertà, all’indifferenza, al servilismo della gente e alle responsabilità della classe politica. La Costituzione Italiana è molto chiara, ma qui è mal applicata e, senza diritti, si perde la fiducia in quello Stato che, secondo l’art.2, dovrebbe garantire e riconoscere, non abbandonare. Perché la mancata applicazione della nostra Carta costituzionale diventa una ferita non curabile rispetto alla quale, come ribadisce Cristian Casella del team gli Scaricati, in una lettera indirizzata al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, occorre, in terra di ’ndrangheta, trovare il coraggio di resistere. Per vivere senza mettere a tacere le nostre coscienze.

 

 

Lettera al Presidente Mattarella di Cristian Casella, studente del Ciliberto di Crotone e componente il team gli Scaricati

 

 

Al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella

 

Egregio Presidente,

abito una realtà difficile nella quale, sin da piccolo, ti inculcano che, affinché tu possa avere un futuro e quindi studiare, lavorare, curarti, vivere, sia necessario emigrare o, comunque, lottare anche per rivendicare quei diritti e quelle libertà di cui dovrebbe godere ogni cittadino. Almeno questo recita la nostra Costituzione.

Vivo a Crotone, una città abusata dalle Multinazionali e vessata da politici che, negli anni, sotto tonnellate di veleni hanno sepolto anche le loro coscienze.

E con queste le nostre vite.

Crotone è il simbolo di un processo di industrializzazione fallito. Di un progresso falso e stentoreo coniugato, solo, all’insegna dell’ingiustizia sociale.

Le fabbriche l’avevano resa una città ricca, il lavoro era fonte, in apparenza, di benessere e di opportunità.

Ma qui il futuro è un tempo inesistente.

La progettazione non esiste e si vive immersi in un eterno presente che, alla fine, ha condannato tutti. Anche la mia generazione.

E non c’è nulla nella vita di peggiore del sentirsi sconfitti in partenza. Perché la sconfitta diventa parte di te, così cresci e vieni educato ad una sopravvivenza che impone il capo chino e una accettazione passiva della realtà che ti circonda.


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