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9 gennaio 2020

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Vacantiandu. A Lamezia «Ben Hur» della compagnia veneta La Moscheta chiude la prima parte del Gran Premio Teatro Amatoriale Italiano


Quarto appuntamento con la V edizione del Gran Premio Teatro Amatoriale Italiano che ha portato in scena, al Teatro Comunale Grandinetti di Lamezia Terme la Compagnia La Moscheta di Verona (Veneto) con lo spettacolo Ben Hur. Una storia di ordinaria periferia di Gianni Clementi, regia di Daniele Marchesini.
La manifestazione, organizzata a livello nazionale dalla Federazione Italiana Teatro Amatori (FITA) e ospitata per la prima volta in Calabria,è inserita nella rassegna teatrale Vacantiandu 2019.2020 con la direzione artistica di Diego Ruiz e Nico Morelli e la direzione amministrativa di Walter Vasta.
Ben Hur è uno spettacolo divertente e amaro che affronta il tema dell’immigrazione e del razzismo con rigoroso equilibrio tra comicità e tragedia. L’allestimento della compagnia La Moscheta, in lingua veneta con qualche innesto di lingua italiana, è stato molto apprezzato dal pubblico lametino. La sapiente regia di Daniele Marchesini – che è anche attore protagonista – ha saputo mantenere inalterato lo spirito del testo originale scritto da Clementi.

La scenografia presenta uno squallido appartamento di periferia dove vivono Sergio e Maria, un fratello e una sorella, entrambi con un matrimonio fallito alle spalle. Sergioè uno stuntman che avrebbe avuto una grande carriera ma si ritrova infortunato e in attesa di risarcimento così, per sbarcare il lunario, posa vestito da centurione per i turisti che passano davanti all’Arena. Maria, per arrotondare la scarsa economia domestica, è costretta a lavorare in una chat erotica. A rompere il tran tran quotidiano arriva Milan, ingegnere bielorusso, immigrato clandestino con tanta voglia di lavorare che stravolgerà la vita della coppia.
Sergio, nella convincente interpretazione di Daniele Marchesini, è chiassoso, tracotante, affetto da machismo più per “convenzione” che per “convinzione”. Il rapporto con la sorella è conflittuale ma non privo di latente tenerezza. Nei confronti di Milan incarna il prototipo dell’italiano medio rispetto alla tematica dell’immigrazione. Ma il suo iniziale atteggiamento da padrone verso il bielorusso si modifica nel corso della storia quando una sera, i due, ubriachi, in un afflato di cameratismo e di complicità si scambiano confidenze sulle loro famiglie, ignari della presenza di Maria che sta ascoltando tutto.
Maria, interpretata da una vibrante Daniela Felzani, è una donna in trappola vinta dalla nostalgia verso un passato che non c’è stato e senza sogni per un futuro che non potrà mai esserci.
Eppure quell’incontro casuale con quello straniero che la conquista con la sua gentilezza e con i suoi ricordi fatti di semi di girasole, di neve e di spighe di grano le danno l’illusione di una seconda chance nella vita. Milan riesce a spazzar via la polvere dal cuore indurito della “bela segnora” ma non le rivela di essere sposato con Galina. Ecco perché la delazione di Maria può essere compresa solo alla luce di un ennesimo tradimento che il destino le ha riservato laddove il suo cinismo e la sua cattiveria sono direttamente proporzionali al sentimentodell’amore ingannato e ferito.

Nicola Marconi delinea un Milan di personalissimo rilievo e spessore psicologico. Un personaggio sospeso tra coloritura e ironia, tra pragmatismo e svagatezza. Si presenta in scena dimesso, impacciato, balbettante, con un marcato accento dell’est e nel corso della storia cresce, riuscendo ad imporre la sua presenza come necessaria allo svolgimento del gioco scenico. Arrivato in Italia sulla scia di un’idea falsa e ingannevole che la televisione ha costruito del nostro Bel Paese, si dimostra subito attivo, intraprendente, instancabile e creativo ma il suo sogno di un futuro migliore per sé e per la sua famiglia finisce miseramente su un logoro divano a fiori, perché la vendetta si rivela più forte della pietà riuscendo a spegnere anche l’ultimo barlume di umanità.
Così, nel finale, la commedia diventa un dramma della solitudine, un dialettico incontro di ironia e dolorosa partecipazione sulla miseria umana e sulla povertà interiore di tre individui che si sfruttano a vicenda.
La Compagnia La Moscheta con Ben Hur rappresenta il Veneto, quarta tra le 14 regioni italiane selezionate a partecipare alla Vedizione del Gran Premio del Teatro Amatoriale Italiano.
Nata nel 1981 a Colognola ai Colli in provincia di Verona, il nome della compagnia, La Moscheta, è un omaggio alla omonima commedia del Ruzante. Nel corso della sua lunga e intensa attività teatrale ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti e annovera in repertorio 35 spettacoli di vario genere di autori sia italiani sia stranieri.

Lo spettacolo è stato valutato da una giuria composta da sette giurati con competenze specifiche a diverso titolo nel settore i quali, nel Gran Galà finale del 29 marzo 2020, assegneranno 8 premi: Miglior spettacolo, Miglior attore/attrice protagonista, Miglior attore/attrice non protagonista, Miglior allestimento, Miglior testo e Miglior regia.
Al termine della rappresentazione, il consueto omaggio della tradizionale maschera, simbolo della rassegna Vacantiandu,ideata dal graphic designer Alessandro Cavaliere e realizzata dal maestro Raffaele Fresca, che il direttore artistico Nico Morelli e il direttore amministrativo Walter Vasta hanno consegnato aDaniele Marchesini.


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